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Corriere di Gela | Il Nobel è un elogio al racconto
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notizia del 03/11/2013 messa in rete alle 08:38:12
Il Nobel è un elogio al racconto

La prestigiosa serie mondadoriana dei «Meridiani» raccoglie le opera di autori inclusi in un canone ormai classico o contemporaneo. Renata Colorni, direttrice della collana, ha intuito – anche in anticipo rispetto all’equivalente «Pléiade» di Gallimard – che la canadese Alice Munro meritava questo ‘luogo’ e a maggio di quest’anno è stato licenziato il volume Racconti che raccoglie gran parte della sua produzione.

L’intuizione cui mi riferisco è anche verso il comitato del premio Nobel che quest’anno ha laureato Munro, sottolineando nella motivazione la predilezione dell’autrice per il genere letterario prescelto, definendola una «maestra del racconto breve contemporaneo».

Questa decisione avrà, speriamo, un impatto importante nel mondo editoriale e che convinca i responsabili a mandare in libreria più spesso raccolte di racconti. L’editoria, difatti, per ragioni commerciali, snobba il genere perché riceverebbe poca attenzione.

Tale atteggiamento, numeri alla mano, è comprensibile, ma non è giustificabile quando si ricorda che – oltre a quegli autori per cui la forma breve del racconto (o novella) è stata una scelta radicale (Boccaccio, Chaucer, Cervantes, Checov, Poe, Cheever) – molti autori, italiani e forestieri, oltre che durante il tirocinio letterario sono tornati alla forma breve con insistenza e anche con un certo successo commerciale. Esempi vincenti sono Maupassant, Capote, Marquez, D’Annunzio, Moravia, Pavese, Calvino, Debenedetti.

I siciliani, poi, pare ne siano particolarmente attratti, come dimostrano Verga, Pirandello, Borgese, Consolo, Grasso, mentre i romanzi di Sciascia, in realtà, possono considerarsi dei racconti lunghi. Einaudi ora ripubblica in versione integrale la prima raccolta della Munro, La danza delle ombre felici (1968), edito da noi per la prima volta dalla milanese La tartaruga, una casa che predilige la scrittura ‘femminile’, nel 1994. L’autrice che è nata nel 1931 a Wingham, nell’Ontario, nelle proprie storie riprende eventi ‘verosimili’ accaduti in ambienti provinciali o ristretti, all’interno della famiglia, analizzando i rapporti che si instaurano tra i vari membri di questa istituzione, che viene vissuta più come nucleo naturale che non sociale, da cui si vuole magari fuggire per trovare, o inventare, un proprio Io.

I quindici racconti, in modo quasi ossessivo, sono di circa quindici pagine. L’aspetto formale però non mi pare voglia essere una sofisticata imitazione delle forme chiuse della poesia, quanto riflettere l’ambiente chiuso, o privo di prospettive, in cui avviene l’azione narrativa.

Le stesse motivazioni stanno alla base delle scelte stilistiche: il registro linguistico è medio, con una inflessione colloquiale, ma non assimilabile a quello borghese, ma a quello rurale o dei sobborghi disagiati; il lessico viene ridotto al minimo; la sintassi è paratattica, con frasi spesso brevissime. In sintesi, tutto ciò a prima vista potrebbe far pensare a una scrittura minimalista. Se ciò fosse vero, il risultato sarebbe solo una ingenua eco di Hemingway.

Qui, semmai, quello che si percepisce è il tentativo della mimesi della raltà che Munro conosce meglio: quella della ‘sua’ gente soffocata nelle proprie emozioni e impossibilitata ad argomentare il proprio ragionamento.

In pratica, così come la condizione sociale è origine di quella esistenziale, le difficoltè espressive sono concretizzate attraverso la metafora del disagio, magari fisico com’e nel caso del morbo di Parkinson. Lo scorso luglio Munro, come Philip Roth, annunciò di non voler più scrivere. Lascia un’opera compiuta che sollecita una riflessione sui metodi e i risultati del racconto. E questo è già tanto. Autore Alice MUNRO
Titolo La danza delle ombre felici
Editore Einaudi, 2013
Pagine 256
Prezzo € 19.50


Autore : Gandolfo Cascio

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