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Corriere di Gela | “Ciuzzu Rima”, personaggio a modo suo. Un uomo solo e “felicemente triste”
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notizia del 09/09/2013 messa in rete alle 22:41:58

“Ciuzzu Rima”, personaggio a modo suo. Un uomo solo e “felicemente triste”

Lo incontriamo in Villa Garibaldi, accanto al chiosco adiacente la chiesa dei Cappuccini, in compagnia di alcuni suoi amici con cui sta facendo un brindisi a suon di birra e dando spettacolo, la sua specialità.

Appena s’accorge che mi sto avvicinando a lui e che proprio lui sto cercando, per tener fede ad una promessa che gli avevo fatto più volte, alza le due bottiglie inneggiando verso di me, verso il suo vecchio “professor Lombardo”. Il suo brindisi alla mia salute, intonato con voce baritonale leggermente stonata, ha il sapore di una poesia a rima baciata cantata – sembrerebbe – da una persona sobria. Ma in fondo lui non è brillo, solo che è fatto così. Allegro, giulivo e forse felice in particolari momenti del suo peregrinare notturno. Gli chiedo se possiamo appartarci da soli ad un tavolino per fare quattro chiacchiere. E lui non se lo fa ripetere due volte. Chiede scusa agli amici e si apparta con me.

«Caro professore, preferisco dirle subito la ’ngiuria che mi hanno dato e con la quale tutti mi conoscono: sono Ciuzzo Rima (nella foto).

A Gela è un personaggio. Non so quanti anni abbia. Più di quaranta? Neppure lui se lo ricorda. Anzi si corregge ed aggiunge: «Dall’ultima odissea non ho l’età. Forse quella di capitan Uncino. Quando giro per lo spazio sono felice perché amo il sole e amo la luna. Sono l’uomo più invidiato della terra, di questa terra mal governata dai più potenti del mondo».

Predilige la vita notturna, accanto a pochi amici, alcuni dei quali di nazionalità rumena. «Ma quelli buoni – precisa e continua. – Ci sono rumeni buoni e rumeni cattivi. I cattivi sono quelli che vogliono venire a comandare a casa nostra, a dominarci, mortificare la Sicilia e vivere a loro modo. No. Così non va. Puoi cambiare governo, puoi non eleggere un senatore, ma cambiare gli italiani è impossibile. Certo, hanno diritto mantenere la loro cultura. I rumeni buoni sono pochi. Lavorano e sono rispettosi delle nostre usanze e delle nostre leggi. Certo riconosco che hanno diritto all’asilo politico e se bussano alla mia porta e sono degli amici, apro, altrimenti dico alt! Se mi sento rispondere: «Sugnu un malandrino di Berlino e di Bucarest», allora li sbatto fuori e gli rispondo: «E iu sugnu u malandrino da Sicilia e vattinnni d’unna vinisti».

Lo interrompo e gli dico che sono stato informato che lui ha una piccola pensione d’invalidità. Mi ribatte che sono stato informato male, Non ha comunque problemi di sopravvivenza. Ovunque va, trova sempre un tozzo di pane e questa è la sua vita.

«Quando avevo papà e mamma – continua – ero ricco. Ora sono povero come il poverello di Assisi. In questa condizione però sono felice anche se spesso solo».

«Sono nato a Gela – aggiunge – amo la Sicilia ed ho girato l’Italia per desiderio di cultura ma soprattutto per lavoro. Ho lasciato qui tutti i miei amici d’infanzia e girovagando per l’Italia ho dovuto sopportare grandi fatiche raccogliendo pochi soldi. Sono stato sempre povero come tanti altri e faccio parte di quella schiera di persone che si sente soffocata dalla supremazia di Germania e Francia che ogni giorno ci fanno una guerra senza morti».

Inevitabilmente mi vien da chiedergli che fine ha fatto quella bella signora che quasi una ventina di anni fa, mi presentò proprio qui nella Villa Garibaldi. «Io sono stato innamorato – ricorda in proposito – di una bellissima donna che studiava all’università in Lombardia. Non era ricca. Era anticonformista. Veniva in facoltà, dove anch’io ero iscritto, con una camicetta scollatissima ed un paio di jeans attillati a bordo di una motocicletta d’epoca. Dopo quindici anni di convivenza alla fine mio suocero mi costrinse con le brutte maniere a lasciarla».

Parole che mi fanno pensare. Mi chiedo se debba crederci o se si tratta di pura fantasia.

Vuole parlare di politica e gli chiedo: Chi è stato il miglior sindaco di Gela? Senza pensarci su due volte risponde prontamente: «Salvatore Aldisio».

Per Ciuzzo non ce ne sono stati altri. Mi elenca gli altri sindaci a partire da Cassarino ed a concludere con Fasulo. Mi diverte il modo del suo incedere, mentre in forma poetica ed a rima baciata illustra in chiave critica il profilo di Paladino, quello di Franco Gallo e poi quello di Crocetta per chiudere con Fasulo. Giudizi sferzanti dai quali si salva solo il povero Pippo Vitale. Gli dico di fermarsi e gli chiedo se è felice. A questo punto mi dà un’altra versione del suo stato d’animo rispetto a quando glielo avevo chiesto ad inizio della nostra conversazione. «Di notte sono infelice – risponde – e di giorno sono triste, vivo come tutti gli italiani nella felicità triste».

Mi chiedo a questo punto se sia il caso di fargli rilevare la contraddizione in cui è caduto. Aveva detto di essere felice di notte. Credo che si debba sorvolare ed arrivare alle conclusioni. Ritorno a chiedergli delle sue condizioni di vita e abbassando il tono della voce e guardandomi finalmente negli occhi dopo averli mantenuti costantemente abbassati, mi sussurra: «Io non vivo qua in Sicilia, ma sopravvivo. Mi arrangio come gli italiani dell’Ottocento, del Novecento, del Duemila. Con l’entrata dell’euro sono tredici anni che vivo nella disperazione umana. Però per me è meglio vivere la vita da povero con la mente sgombra che da ricco con tanti pensieri».

Il suo grande desiderio è trovare lavoro in Sicilia che ama tantissimo perché è nato siciliano. Qualunque lavoro, dal muratore all’idraulico, al giardiniere. Con tatto per non avere una brutta reazione che in effetti non c’è, butto giù una frase che suona così: Ma sei affidabile e serio nel lavoro?. Mi risponde così: «Io faccio otto ore al giorno e anche dieci ore. No a passeggiare o a fare il magnaccio e farabutto».

Non c’è che dire. Ciuzzo si sente onesto dentro e pronto ad offrirsi nel lavoro più umile. Non è per le grandi cose, ma per le più semplici, senza tanti fronzoli. Il suo grande sogno è avere un passaporto per potere raggiungere Gerusalemme e potere vedere le impronte dei piedi che Gesù lasciò in quella terra. Sa, però, che è un sogno irrealizzabile e si consola pensando alla fede in San Francesco. Mi racconta che è stato proprio San Francesco ad illuminarlo, quando una decina di giorni fa, in preda alla più grande disperazione, aveva deciso di farla finita gettandosi dal pontile. E mi mostra il suo giubbino ancora sporco e bagnato aggiungendo che lo hanno salvato da morte sicura, polizia e carabinieri. Adesso è tranquillo e la sua vita continua tra stenti, canti malinconici e drink abbondante nelle ore notturne, forse per dimenticare i suoi guai.

Dicono di lui che prima che si separasse dalla donna con cui aveva convissuto per quindici anni fosse bravo a fare l’idraulico. Cosa che Ciuzzo mi conferma aggiungendo che ha studiato al liceo scientifico e frequentato tre anni la facoltà di ingegneria chimica. Quelli vissuti in Lombardia sono stati anni difficili perché doveva lavorare e studiare al tempo stesso. Una vita di stenti alleggerita dai continui aiuti economici che riceveva dal fratello, che a Milano gestiva un’impresa, fino a quando non è stato fatto fuori.

Su Youtube esistono centinaia di filmati che lo riproducono mentre recita poesie, oppure mentre è intento a fare un commento alla politica locale, o mentre ancora, avend la mente lucida, ti illustra uno spaccato di vita sportiva, privilegiando i più famosi giocatori di calcio. Ci sono anche dei filmati dove qualche improvvisato cronista si fa burla di lui.

Però Ciuzzo Rima anche in questi casi ci sta, prendendo qualche volta in contropiede il suo interlocutore che non s’accorge che la vera persona burlata è proprio lui. Spesso gli chiedo di fermarsi perché altrimenti finisco col non seguirlo più. Mi fa cenno di sì con il capo, mentre alla mano destra mi mostra un fazzolettino e tre tappi di birra racchiusi tra il dito mignolo ed il medio.

Mi spiega che a seguito di un incidente stradale stava perdendo la mano destra che gli è stata salvata grazie ad un intervento chirurgico complesso.

Ma quelle tre dita sono rimaste difettose, aperte ad arco. Quella delle tre dita incidentate è storia vera perché le vedo con i miei occhi. Ma tutto il resto? Lo chiedo a Ciuzzo:

Quanto di ciò che mi hai raccontato è da ritenersi veritiero da 1 a 10?. Dpo aver fatto qualche conto, mi informa che il 7,5 è vero e il 2,5 è reale. Lascio ai nostri lettori il dubbio che rimane a me quanto alla veridicità delle affermazioni di Ciuzzo Rima. Credo che la cosa più vera sia che quel giorno ho conosciuto e incontrato tanta umanità.


Autore : Nello Lombardo

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