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Corriere di Gela | Don Giuseppe Costa il bibliotecario del Papa
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notizia del 13/07/2013 messa in rete alle 22:29:37

Don Giuseppe Costa il bibliotecario del Papa

Il mese scorso, in uno dei suoi occasionali soggiorni in città, dove risiede la famiglia d’origine, don Giuseppe Costa, salesiano, ha fatto da relatore alla presentazione al liceo Eschilo alla presentazione del libro autobiografico Vita da set, di Gianni Virgadaula.

Lasciato il tavolo dei relatori, don Costa ci ha concesso un’intervista. E’ un vecchio amico del Corriere, ma è soprattutto il direttore della libreria editrice vaticana (Lev), incarico che gli sono valsi un paio di appellativi: c’è chi lo definisce l’editore, chi il bibliotecario del Papa.

Più che del suo lavoro, che svolge da alcuni anni con grande competenza – grazie anche alla sua ultracennale esperienza nel campo della comunicazione e dell’editoria – con lui affrontiamo temi che riguardano la nostra città, che è anche la sua.

Ma prima di cominciamo, conosciamo meglio il nostro interlocutore: E’ nato a Gela, di genitori gelesi, è un salesiano, ha studiato giornalismo e comunicazione in America, ha diretto per tantissimi anni il Bollettino Salesiano (pubblicato un molte lingue), è stato direttore editoriale della Sei (Sociatà editrice internazionale. E’ consultore del Pontificio Consiglio delle Comunicazioni sociali ha insegnato all’Università pontificia salesiana, alla Lumsa e all’Unioversità di Catania. Ed è anche autore di diverse pubblicazioni. Vive a Roma e quando può, torna volentieri qui.

Ci dice subito che preferisce parlare di temi sociali che riguardano Gela piuttosto che di lui. Ed è quello che vogliamo anche noi.

– Don Costa è cambiato qualcosa negli ultimi dieci anni a Gela? Dal suo osservatorio come interpreta gli avvenimenti che ci siamo lasciati alle spalle?

«Sicuramente vedo del positivo. Avverto la presa di coscienza di alcuni gruppi e settori della città di tanti progetti che potrebbero farla decollare in termini di sviluppo e di crescita». – La crisi di cui soffre Gela, a suo giudizio, ha riferimenti nazionali o è un fatto squisitamente locale?

«La crisi di Gela ha una dimensione diversa perché verso Gela ci sono dei debiti dello Stato e della Regione che non sono mai stati onorati. Se si aggiunge ciò alla crisi nazionale, i problemi crescono di più. E’ da anni che non giungono investimenti, che non si creano infrastrutture. A un certo punto la gente si stanca e si innescano delle retromarce. E’ assurdo non dare a Gela quelle infrastrutture vitali come autostrade, aeroporto, ferrovie, presupposto per lo sviluppo. Dopo cinquant’anni di industrializzazione siamo in enorme ritardo. Poi ci sono altri aspetti legati alla salute, ai servizi, alla sicurezza molto più drammatici. Se le infrastrutture non ci sono, qualcuno dovrebbe risponderne».

– Ancora una volta un’immagine falsata di Gela nell’inchiesta de L’E-spresso. Che ne pensa? «Io difendo un giornalismo con opinioni e fatti con l’assunzione delle responsabilità del giornalista di quello che scrive. Se l’immagine della città viene vilipesa, bisognerebbe chiedere i danni. Si ritorna ad un giornalismo tipo Mafiaville, l’inferno di Giorgio Bocca. L’Espresso ha scritto solo questo in tanti anni. Il che dà fastidio a molti ma anche a me. Se le infrastrutture non ci sono, qualcuno dovrebbe risponderne».

– Da Roma come percepisce le nostre dinamiche, le attività, il lavoro, l’economia?

«Personalmente le percepisco in modo positivo perché conosco tanti professioni, tanti giovani. Trovo però che la città dovrebbe fare conoscere di più queste stesse esperienze. L’infor-mazione dovrebbe andare oltre Ponte Olivo. Quando si realizzano delle grosse iniziative bisognerebbe entrare nei grandi giornali ossia stimolare i media. Per esempio il premio organizzato dal liceo Eschilo di Gela sulla migliore versione di greco ha trovato un’eco nazionale perché il ragazzo vincitore torinese ha sollecitato La Stampa di Torino. Trovare questo tipo di iniziative fa bene in quanto enfatizzano fatti positivi della città. Occorre rompere l’isolamento».

– Che ne pensa della recrudescenza della microcriminalità, degli scippi, rapine, incendi? «La società, negli anni, è cambiata. E’ una società frammentata dove c’è la crisi della famiglia, della scuola che fortunatamente fa registrare una ripresa educativa, la crisi tra i giovani e la fede. Poi c’è una presenza multiculturale che genera conflitto al suo interno. Il bullismo, per esempio, è il risultato della mancanza di punti di riferimento, per cui i ragazzi esplodono in manifestazioni che non hanno nessuna ragion d’essere. A mio parere c’è da lavorare molto sulla prevenzione».

– Uno sguardo a quanto sta succedendo nella nostra città: poveri che diventano sempre più poveri, posti di lavoro che si perdono, giovani che emigrano. Riusciremo a venirne fuori?

«Penso di sì. I cittadini sono attenti, sensibili. Bisogna vedere come queste risorse locali si coalizzano per il bene comune. Poi dovrebbe esserci la coniugazione con la Regione, lo Stato».

– Usciamo dal fatto locale. La politica è sorda e bloccata di fronte a questi avvenimenti?

«La politica è confusa in questo momento, più che sorda. Mancano i punti di riferimento di una volta. Un tempo i grandi partiti mediavano anche se intrallazzavano, ma c’era un accordo. I vecchi schemi non reggono più alla globalizzazione. Bisogna riqualificare tutte le strutture educative».


Autore : Nello Lombardo

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