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Corriere di Gela | Sotto la sabbia dorata l’amore per l’archeologia
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notizia del 08/12/2013 messa in rete alle 22:12:01

Sotto la sabbia dorata l’amore per l’archeologia

“Ciò che facciamo in vita, riecheggia nell’eternità”, diceva Russel Crowe nei panni di Massimo Decimo Meridio nel celebre film Il Gladiatore. Frasi da grande schermo, da premio Oscar. Eppure un fondo di verità c’è, eccome, se si pensa alle grandi civiltà del passato senza le quali adesso non saremmo qui. Greci, etruschi, romani, egiziani che attraverso monumenti, papiri e fonti di altro genere hanno reso immortali i loro fasti.

Ma tutto rimarrebbe fine a se stesso se non ci fossero storici e archeologi in grado di fornire all’umanità tali notizie. Anche Gela ha i suoi appassionati di archeologia e archeologi professionisti come Angelo Mondo (nella foto), in questi giorni impegnato con i preparativi della presentazione del suo primo libro intitolato Sotto la sabbia dorata – Paolo Orsi tra Gela e Siracusa, in programma venerdì prossimo 13 dicembre presso il Museo Archeologico. Angelo Mondo ha frequentato il liceo classico Eschilo, conseguito la laurea a Catania in lettere classiche indirizzo archeologico e la specialistica in archeologia classica sempre a Catania con sede a Siracusa, dove ha lavorato per sei anni. Ha collaborato e continua a farlo con la sovrintendenza ai beni culturali di Caltanissetta e con l’associazione Archeoclub di Gela.

«Sono emozionato – afferma l’archeologo – all’idea di poter offrire il mio primo libro alla mia città. Sotto la sabbia dorata parla di Gela ed è un’opera che pensavo di scrivere già dieci anni fa perché affascinato dal protagonista del mio romanzo realmente esistito, l’archeologo Paolo Orsi. E’ grazie a lui se la Sicilia adesso è annoverata fra i grandi centri di cultura archeologica, a lui si deve il ritrovamento di Siracusa, del suo entroterra siciliano e anche di Gela, all’epoca Terranova, che per un periodo fu oggetto dei suoi studi e del primo vero scavo».

Angelo Mondo scrive questo romanzo perché «è un libro che volevo leggere», come dice lui stesso. L’idea venne fuori leggendo appunto gli scritti di Paolo Orsi su Gela e il suo modo di raccontare lo colpì. Tanti sono i testi di archeologia che raccontano le civiltà, ma Angelo Mondo non aveva ancora trovato il libro che avrebbe voluto leggere. E così lo scrive. «I sei anni trascorsi a Siracusa mi hanno riempito di “spirito Orsiano” fino all’inverosimile perché è lì che l’archeologo si stabilì, divenendo direttore del museo. Ho imparato tanto dalle sue ricerche e ho compreso che l’archeologia non si può spiegare in maniera tecnica, ma la si deve raccontare. E’ così che affronto il mio lavoro, mi lascio trasportare dalla bellezza di ciò che è oltre la semplice apparenza e il mio libro ne è una prova, non avrei saputo scriverlo diversamente da un romanzo».

Quando si parla di archeologia si parla di storia e la storia rimanda immediatamente al fascino, al mistero. I profani pensano che sotto terra ed erba non ci sia nulla, i professionisti scavano e trovano bellezze nascoste. Ma per quanto si possa cercare ci sarà sempre qualcosa da trovare, perché l’archeologia è sepolta, ha ancora tutto da dire sul nostro passato.

«Quando Gela fu scavata – continua – era una città povera, una delle tante borgate ancora incontaminate. Era navigabile, il mare era pescoso, l’agricoltura la faceva da padrona. Il benessere però, si sa, produce il consumo e la produzione. E’ inspiegabile l’incanto che si prova togliendo la terra e trovandosi di fronte ad una ceramica o ad una statua con due occhi inquisitori che ti guardano. Ho visitato tanti siti anche qui a Gela, come le Mura Timoleontee e il Bosco Littorio di uno splendore unico con muri e mattoni crudi ancora intatti, ma la nostra città potrebbe e dovrebbe essere più attenzionata. Gela è una città greca e sono fortemente convinto che se un greco sceglie un posto in cui stare, un motivo ci sarà. E’ stata grande un tempo, ma purtroppo è stata anche abbandonata».

Sarà un luogo comune dettato dalla cinematografia o dalla letteratura pensare alla figura dell’archeologo e ricondurla alla civiltà egizia, sopra tutte. Ogni civiltà però ha i suoi misteri caratterizzati sia da faraoni e piramidi come anche da arene e imperi, colonne e templi. «Anche gli Aztechi, i Maya, gli Inca che magari conosciamo meno racchiudono in sé la meraviglia dei secoli ormai perduti, con i loro riti e i loro sacrifici che celano un alone di stupore. Trovare una moneta araba o una lancia normanna ha lo stesso identico effetto di scorgere un mezzo busto greco o scorci di mura romane. Paradossalmente però ciò che più mi ha colpito in questi anni non è stata una pietra, ma le incisioni dei carcerati trovate all’interno di una torre a Noto antica. Nel 1693 infatti – continua – un terremoto distrusse la Val di Noto e quegli intagli risalivano a prima del sisma la cui potenza si percepì anche a Gela. Quei disegni, quei nomi, il gioco del tris tra carcerieri e carcerati mi hanno trasmesso qualcosa in più. Era la testimonianza diretta di uomini vissuti realmente dove io stesso mi trovavo. Con questo libro – conclude l’archeologo Mondo – ho voluto contribuire anche io a mettere la firma sulla nostra città greca, la cui sabbia non è seconda a nessuna. Adesso Gela ha il suo romanzo e io ne sono il cantore, voglio pensarla così».


Autore : Greta Smecca

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