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Corriere di Gela | Del papismo mediatico
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notizia del 18/04/2005 messa in rete alle 21:45:03
Del papismo mediatico

È difficile, in questi giorni di papizzazione totalizzante e di apologetica clericale ed ecclesiocentrica, prendere la parola fuori dal coro per dire qualcosa di diverso, di dissonante, per cercare di ridimensionare, tramite un appello alla ragione e al buon senso, le deliranti esagerazioni acritiche che si vanno sentendo da ogni parte in questo mondo ridotto a una penosa platea televisiva di papafans più o meno improvvisati.
Ed è triste lo spettacolo di un intero esercito di tromboni politico-giornalistici seriamente impegnati a convincere persino se stessi (le lacrime di un Vespa siano testimoni), attraverso la compulsiva recita del medesimo rosario di falsità storico-ideologiche, della fondatezza di ciò che vanno propalando a un pubblico chiamato a raccolta come un gregge di idioti davanti al feticcio mediatico creato con meticolosa propaganda. Niente ormai sembra in grado di fermare lo tsunami retorico da medioevo rinascimentale che ci sta investendo, perché dopo l’orgia necrofila scatenatasi ora davanti al moribondo ora davanti al feretro, stiamo entrando nella fase allucinogena della caccia collettiva ai miracoli (che già spuntano come funghi e che certissimamente sono disseminati come tartufi in attesa di essere riesumati da altrettanti tartufi), nella farsa ridicola della raccolta-punti per il premio della santità da assegnare “subito” a furor di popolo per placare gli ardori mistici di una curva da stadio presa dalla fregola di venerare un ennesimo idolo, per la gioia dei confezionatori di statuette, amuleti e santini prodotti in serie.
Mai come in questi ultimi giorni si è assistito a una riscrittura della storia così rapida, massiccia e pressoché unanime (perché unico è il pensiero che ha cittadinanza e diritto di apparizione nello spazio mediatico maggioritario che fa da megafono al populismo interessato all’audience e alle copie da vendere). Fino a pochi giorni fa, chi avesse voluto informarsi sulle vicende della Weltgeschichte degli ultimi venticinque anni, avrebbe potuto consultare qualche buon testo aggiornato di Storia contemporanea e farsi magari un’idea articolata delle complesse forze sociali, economiche, politiche, culturali e tecnologiche che determinano in maniera più o meno diretta il verificarsi di certi eventi epocali (la caduta del Muro di Berlino, il crollo dell’Urss e dei regimi satelliti, ecc.). Oggi, invece, tutto questo non è più necessario, perché l’opinione pubblica (o la gran parte di essa che ha come fonte di informazione quasi esclusiva i giornali e soprattutto la televisione) è stata bombardata da una versione dei fatti fumettistica, agiografica e particolarmente consolatoria, soprattutto per chi preferisce risposte preconfezionate alla fatica dell’esercizio autonomo dell’intelletto: la Storia del Mondo degli ultimi decenni ha un solo protagonista, un solo eroe cosmico-storico, un solo Primo Mobile: Karol Wojtyla. È lui che, soffiandoci sopra con l’aiuto dello Spirito Santo, ha abbattuto il Muro di Berlino; è lui che ha fermato l’Armata Rossa in marcia verso la Polonia di Solidarnosc; è lui che ha fatto implodere l’Unione Sovietica: lui, l’uomo che sopravvisse ai colpi d’arma da fuoco di un attentatore non perché i soccorsi furono tempestivi e i chirurghi bravi, ma perché la mano della Madonna impresse alla pallottola una traiettoria non mortale per l’Uomo-vestito-di-bianco, dando così una chiave provvidenzialistica ben precisa per l’interpretazione del terzo mistero di Fatima.
Ora, io mi chiedo: cosa abbiamo fatto di male per meritare di essere trattati dagli organi di informazione alla stregua di bambini cui si può raccontare spudoratamente qualsiasi favola? Intellettuali, giornalisti, politici, attricette, presentatori baciapile, vallette, tutti insieme, accompagnando con la grancassa la parata di preti, vescovi e cardinali (tutti improvvisamente accreditati come storiografi ufficiali del Mondo e mai così compiaciuti e presenzialisti), hanno intonato un unico coro, una meravigliosa ninnananna per lo spirito critico e per la dubbiosa prudenza intellettuale. Assecondando un’ansia miracolistica e un bisogno di mitologia sorti chissà per quale fenomeno di invasamento collettivo, e comunque prontamente coccolati con viaggi di pellegrinaggio gratuiti, se non addirittura indotti col martello della litanìa ripetitiva, hanno trasformato asserzioni superstiziose (ad esempio su una mano divina che devia un proiettile) in enunciati fattuali, iper-semplificazioni mistificatorie (su un uomo che da solo avrebbe cambiato la Storia del Mondo) in giudizi storici incontrovertibili, articoli di fede da prima comunione (come l’immediata ascesa in cielo dell’anima di un Papa buono) in fatti di cronaca da raccontare in collegamento diretto da Piazza San Pietro, “dove c’è il nostro corrispondente”.
Eppure, tutto questo ha riguardato e riguarda un Pontefice, cioè il capo di uno stato teocratico piccolo e anacronistico, ancorché ricchissimo e influentissimo. Un pontefice che a indubbie doti umane di simpatia e contagiosa buona volontà ha affiancato atti e pensieri che nulla hanno a che vedere con il modo di essere, di vivere e di pensare del gregge in gran parte ignaro chiamato a raccolta sotto i suoi piedi. L’uomo che ha invocato (invano, insieme ad altri candidi utopisti) la Pace tra i popoli e il dialogo interreligioso, è lo stesso uomo che si è affacciato a un balcone con Pinochet; che in Polonia, caduto il regime comunista, ha caldeggiato una costituzione illiberale che proclamasse il cattolicesimo religione di Stato; che in Sudamerica ha ridotto al silenzio i teologi della liberazione, sostenitori degli oppressi, a vantaggio del clero conservatore, colluso con gli oppressori; che ha bloccato la via profilattica alla prevenzione dell’Aids; che ha ribadito la discriminazione delle donne nel clero; che ha coperto di disprezzo i divorziati; che ha maledetto gli omosessuali; che in Italia, tramite il politicume compiacente, ha ispirato leggi assurdamente confessionali sulla procreazione assistita; che ha lanciato anatemi contro le democrazie parlamentari laiche (enciclica Fides et Ratio, § 89), che ha sostenuto fino alla fine tesi dottrinarie ultrareazionarie, come il ritorno al tomismo, e idee storico-filosofiche aberranti e intellettualmente disoneste, come il nesso necessario tra il soggettivismo epistemologico inaugurato da Cartesio e i campi di sterminio del XX secolo (Memoria e identità, p. 19 e ss.), solo perché qualche filosofia moderna fondata sull’Io anziché sull’Essere (com’era nel Medioevo) ha osato mettere in discussione l’esistenza di Dio.


Autore : Marco Trainito

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a distanza di breve tempo fa ancora più piacere un commento così centrato, lucido, con uno spessore che è stato raro trovare nei giorni più intensi della passione secondo Woytila interessanti soprattutto - il tema della riscrittura della storia (da rileggere le pagine di Habermas relative al dibattito sulla

Autore: marc 
data: 27/07/2005
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