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notizia del 05/03/2004 messa in rete alle 21:35:00
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La poetica dissacratoria di Angelo Vullo
Una struttura per molti versi dissacratoria questa nuova raccolta poetica di Angelo Vullo (nella foto con Silvana Grasso).
Dissacratoria nel senso di contestazione verso una tradizione letteraria-scolastica che, per moltissimi anni, non si è distaccata da determinati canoni di scrittura: inamovibili nel linguaggio e nell’assemblaggio dei motivi ispiratori.
La silloge “Versi orfani” preceduta da “Fiori d’autunno” (2000), da “Superfluo” del 2003 e “Tra le secche e l’amore” del 2003, mantiene un certo andamento tematico-esperenziale ma depurato da elementi di natura contestatrice con innesti di rime e conseguenziale musicalità, mediante una palese sensualità che si avvale anche di elementi naturistici: sole, mare, presentati in originale metaforicità.
Ogni metafora riconduce al legame dell’io con l’altro, fruttando le vicissitudini esistenziali mediante anche un gioco supportato da fraseggi di lingua altra: per un riscontro che valica la parlata corrente, il luogo, la piattitudine di un contesto indigeno orfano di letture e di orizzonti oltre le colonne... greche!
Angelo Vullo mantiene, così, una coerenza di scrittura nella pur moderna concezione lessicale che lo pone fra i fautori di una poesia che deve essere assaporata e, nel contempo, offerta come mistero per una mediazione non condizionata da facili e gratuite compiacenze di natura critica: per una platea dei complimenti e assensi gratuiti.
La cultura umanistica, nutrimento primario per il giovane poeta gelese, ha contribuito a fornirgli quegli elementi basilari per arricchire ed evolvere il suo mondo poetico, filtrato da una concezione d’avanguardia da intendere come “voce che addolora e che trastulla”, quando il suo mondo-anno può: valerne “almeno cento” di questi: sempre attraverso la parola scritta.
Angelo Vullo si confessa e ci spalanca in consueti ermetismi che continuano a segnare il tracciato della poesia in chiave aristocratica e preferendo “le storie alla bugia”: così di moda in questa italietta dell’effimero e dell’utilitaristico elevato all’ennesima potenza.
Il libro è stato stampato dalle edizioni Tracce di Pescara e riporta in copertina un acrilico su tela di Antonio di Fabrizio intitolato “A due passi dalla luce”, datato 1981.
Autore : Federico Hoefer
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