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Corriere di Gela | Facili profeti di sventura
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notizia del 21/02/2003 messa in rete alle 21:03:36
Facili profeti di sventura

Lungimiranti visionari dal pessimismo più becero? Eppure su questo calderone, ma privo di ogni utilitarismo di sorta, i poeti hanno sempre scritto: al di là dei fatti contingenti fomentati dai pazzi di giornata, vicini e lontani. In verità i poeti sono anche un pò pazzi, per natura, per costituzione mentale. Ma sono anche gli uomini più liberi nè sottoposti al vaglio del “potere”: qualunque esso sia.
Nel corso dei secoli, ci sono stati anche i poeti corrotti, comprati e sottomessi ai mecenati; ma vi sono stati costretti dall’ambizione più sfrenata a prostituirsi: a detrimento della loro libertà di espressione. Eppure in tali abiette condizioni esistenziali, non sono mai venuti meno alla loro primogenitura di pacifisti ad oltranza.
In questi giorni così tristemente sospetti, fra venti di guerra e balletti diplomatici, pacifisti e guerrafondai di comodo e di professione, riescono ad amalgamarsi mediante un sottile e schifoso giuoco delle parti, come per una recita a soggetto.

Per restare nel campo ristretto dei poeti di casa nostra, senza che ci fosse bisogno delle corride tragiche tra Saddam Hussein e George Washington Bush, nel 2001 il giovane gelese Angelo Vullo scriveva: “… troppi astri (!) invadono la terra/…/invadono i miei spazi e danno guerra…”. Era il 1986 e Renzo Guglielmino nel suo l’Inno della pace dichiarava: “… cantiamo tutti insieme l’inno della pace…”.
Enzo Salsetta nel 1984 dava alle stampe Angeli, e nell’esaltare la pace si esprime così: “…adesso, il profumo dell’erba tinge di verde anche il cielo…”.
Ma, chiediamoci, durante o dopo una guerra di religione o di petrolio che colore avrà il cielo? Predominerà il rosso o il nero dei lutti.
Nella poesia a Padre Raffaele Melis, tratta dal volumetto Polline del 1996, Francesco Di Gregorio scrive: “… ed è caduto sopra quei gradini (…) ordigni hanno distrutto chiese e tante case…”.
“Ordigni” il diuturno tormentone con il quale si bizzarriscono a sinistra e a destra, sulla pelle dell’umanità, per incrementare i cimiteri di tutti i continenti, fra vedove ed orfani a più non posso.
In Stelle di gesso, edito nel settembre del 2000, Gaetano Trainito ci ricorda che “la terra bisogna coltivarla in pace, senza cadaveri ne bagliori”.
“Ho sognato che il mondo era migliore. In Medio Oriente, ormai pacificato, era tutto una fiaba…”. Il sogno di Giuseppe Corrao è del 1990 in Sperse Conchiglie.

Dopo una eventuale guerra battereologica che cosa ne sarà di “ogni foglia che si specchi nella rugiada del mattino”. Se lo chiede Sandro Cappa nel suo L’origine del fiume, ripreso nel volume Intrecci poetici edito nel 1996; così come Rosario Medoro, sempre nello stesso volume, si chiede se “la luna gialla sarà sempre riflessa (dopo gli eventi bellici) nel muro/ antico di Caposoprano”.
Per Maria Antonietta Coniglione “… è libertà totale il pacifico vento”, non certamente quello che in questi giorni viene indicato come vento di guerra. Rocco Vacca, attraverso la sua brillante scrittura in vernacolo gelese, ci ricorda con amara ironia che “I Bummi ntilligenti (…) sdurrubbannu casi e lassanu picciriddi ‘nmezzu a strata (…) e distrugginu paisi e civiltà …”. nella poesia Paci del 1976 sottolinea che nel silenzio dei cieli “Du omini (!) si sono incontrati e misiru i funnamenti pà nova umanità”. La poetessa Adalgisa Russotto nel suo libro che s’intitola Vibrare di corde del 1998 scrive che “solo il ricordo vive tra i morti (in guerra o altrove) e sulla tomba rimane l’epitaffio”.

Per le edizioni Promoter di Gela Giuseppe Oresti nel 1999 pubblica Pensieri in parole. Nella lirica La fantasia si legge che ogni cosa è orientata a “sottomettere, conquistare e dominare”.
L’autore aveva il pensiero rivolto a queste ore scandite da comunicati stampa ed immagini televisive da brivido?
Al 1966 risale la poesia di Serafino Lo Piano, edita a Milano da Eursia, intitolata Dentro di me.
“…io so il silenzio amaro (…) dentro di me / il grido silenzioso delle madri/ che temono il domani…”.
In questa sintetica disamina di poeti gelesi per la pace e contro ogni forma di guerra, si può benissimo inserire una citazione in prosa di Nunzio Vicino, tratta da Uomini e reticolati, risalente al 1984. “Non distogliete i contemporanei dalla attualità della vita, essa contribuisce alla compitezza della loro formazione etica e spirituale!”.
Dalla carrellata fra la poesia pacifista di alcuni poeti di Gela, di ieri e di oggi, si possono trarre alcune considerazioni di massima: a) la storia, con le sue guerre foriere di morte, pare che non abbia insegnato nulla o quasi; b) l’egoismo e l’utilitarismo di una ristretta categoria di imbecilli è sempre in grado di condizionare l’esistenza pacifica dei più; c) la poesia, con la sua carica di umanità e di lungimiranza si è sempre contrapposta a tutte le guerre, ma non ha mai avuto la forza di spezzare le catene dell’ignoranza: il più pericoloso veicolo a livello planetario.
Certo si é che “la verità” dei poeti può apparire rivoluzionaria, ma, per la fortuna dei dittatori di turno che non mancano mai, questi “rivoluzionari” pacifisti rappresentano una minoranza, che non vale neanche la pena di prendere in considerazione.
Con il senno di poi, forse, qualcuno stenterà a pronunciarsi a denti stretti: erano nel vero, dai tragici greci fino a questo nuovo secolo condito di “giorni balordi”.


Autore : Federico Hoefer

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