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Corriere di Gela | La grande storia di un piccolo uomo
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notizia del 07/12/2012 messa in rete alle 20:36:19

La grande storia di un piccolo uomo

E' un tumore ai polmoni a stroncare la vita di Francesco Esposito Paternò che esala l'ultimo respiro il 16 ottobre 2006. Il suo torto? Aver lavorato per 22 anni come capoturno al reparto clorosoda-dicloretano dell'ex petrolchimico gelese: vale a dire dal 1972 al 1994, anno in cui il “reparto killer” viene chiuso. Al suo capezzale ci sono i più stretti famigliari, con la moglie infine a sussurrargli «Franco, basta soffrire, vai se devi andare, ti vogliamo bene». Per il figlio Daniele è l'inizio di una nuova vita, di un «fuoco di nome “Giustizia e Verità” ........ che esplose così tanto da far creare un vero e proprio incendio di “Rabbia e Amore”, per la mia gente, per tutti quelli che soffrono, che ridono, che muoiono, per tutti quelli che hanno voglia di vivere». A sei anni dalla morte del padre viene pubblicato il libro “Grande storia di un piccolo uomo. Le verità non dette sul clorosoda - dicloroetano di Gela” di cui Daniele Esposito Paternò (nella foto)è appunto autore. Lo scopo è che tutti conoscano quanto invece è stato per lo più reiteratamente sottaciuto e se, nelle more, la causa intentata dalla sua famiglia è stata vinta in tribunale, per Daniele ciò vuol dire che anche altri possono farcela, meglio ancora se uniti. E' il giudice Luca Solaini a riconoscere, il 30 marzo 2011, l'impianto clorosoda-diclorometano come «causa o concausa della morte» di Francesco Esposito Paternò, «condannando l'Inail a versare la pensione (reversibilità) di malattia professionale» alla consorte. Un precedente “storico” giacché «con l'aiuto indispensabile dello studio Maganuco ..... abbatteva un muro durato 50 anni».

Nato a Gela nel 1983, Daniele Esposito Paternò cresce con la passione per la bici ed inizia correre nei vari circuiti amatoriali: alla prima gara disputata a 17 anni sale sul gradino più basso del podio. L'anno dopo vince tutti gli appuntamenti nella sua categoria e, non appena preso il diploma di perito capotecnico in Elettronica e Telecomunicazioni, si trasferisce a Villongo, nei pressi di Bergamo, dove divide la casa con l'attuale ciclista professionista Efminkin e partecipa fino a 23 anni in diverse competizioni regionali, nazionali e internazionali. Nel momento in cui decide di ritirarsi, si cimenta nei più disparati lavori: da cameriere a venditore di cartelle nella sala di bingo, da montatore metalmeccanico ad elettricista e così via. Si trova in Valle d'Aosta quando nel gennaio 2006 apprende della malattia del padre.

La sua vita in quei mesi cambia inesorabilmente. Daniele constata in quali condizioni vivono i malati oncologici e conosce il compianto Crocifisso Moscato, la cui tenacia ha reso oggi possibile parlare di radioterapia a Gela. Moscato, il «maestro», è più volte citato nel libro ed anche dalla sua battaglia Daniele Esposito Paternò ha tratto insegnamento, imparando a lottare per la verità ed a crederci fortemente. Al suo fianco il figlio di un collega del padre e deceduto 6 mesi prima (tumore all’esofago nonostante non avesse mai bevuto alcool, né fumato o preso un caffè), nonché un altro ex capoturno dell'impianto della morte (sopravvissuto grazie ad un trapianto di cuore): sono «i tre moschettieri» che danno vita al comitato spontaneo ex lavoratori clorosoda, il cui processo di produzione è la cosiddetta “Elettrolisi”. Un sistema descritto nel libro, financo minuziosamente nella sua apparente semplicità, suscettibile di tramutarsi in una complessa pericolosità in ordine alla salute di chi ne è coinvolto.

Non mancano interviste, info, documenti e quant'altro in allegato. C'è spazio anche per affrontare i temi della quotidianietà nel frattempo attraversata dall'autore: i mondiali di calcio, il problema del lavoro, della disoccupazione e del precariato, la cattiva politica, Grillo ed il movimento 5 stelle e quant'altro, sullo sfondo di una ordinaria storia, tutta meridionale, di crescita industriale senza sviluppo, associata – quasi volente o nolente - a malattie cancerogene e persino malformazioni neonatali a corredo. Una storia attualissima più che mai, come sembrerebbero testimoniare i recentissimi riscontri al vaglio della magistratura.


Autore : Filippo Guzzardi

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