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Corriere di Gela | Ricordare Falcone e Borsellino
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notizia del 27/05/2012 messa in rete alle 20:17:55

Ricordare Falcone e Borsellino

«Occorre compiere fino in fondo il proprio dovere, qualunque sia il sacrificio da sopportare, costi quel che costi, perché è in ciò che sta la dignità umana». Giovanni Falcone amava il suo mestiere e lo amò fino a quel tragico 23 maggio 1992, giorno della strage di Capaci.

«Palermo non mi piaceva, per questo ho imparato ad amarla. Perché il vero amore consiste nell’amare ciò che non ci piace per poterlo cambiare».

Paolo Borsellino amava la sua città e la amò fino a quel tragico 19 luglio 1992, giorno della strage di via d’Amelio.

Due vite complementari, due amici prima che due colleghi. Falcone e Borsellino hanno speso la loro vita per un comune denominatore: la lotta alla criminalità organizzata.

Martedì 22 maggio presso al Liceo scientifico “Elio Vittorini” si è svolto il convegno dal titolo Capaci vent’anni dopo, ideato da Angelo Cafà, coordinatore della sezione gelese della Giovane Italia (organizzazione giovanile del Pdl), in collaborazione con l’associazione Voce dell’Italia Studentesca.

A relazionare sono stati il prof. Nicolò Mannino, presidente del Centro Studi Parlamento della Legalità, l’on. Alessandro Pagano, Renzo Caponetti presidente dell’associazione Antiracket di Gela e il dirigente del Commissariato di polizia di Gela Gaetano Cravana. Vi hanno preso parte le classi quinte degli istituti Vittorini, Alighieri ed Eschilo.

«Vent’anni fa mi trovavo a Palermo – ha detto il dott. Cravana – e ho provato in prima persona questa triste esperienza. Ricordo l’emozione di quei giorni di lutto, scese in piazza tutta la Palermo civile che voleva commemorare Falcone, ma anche le altre vittime della mafia».

«I giovani sono il presente di questa società – ha dichiarato Pagano – e devono imperniare la loro vita su sani principi. Un popolo cammina in avanti se è responsabile. Borsellino scrisse di Falcone che lui sapeva già di dover morire, ma non è fuggito per l’amore verso la sua terra, il suo lavoro».

Il prof. Mannino ha portato con sé gli scritti originali di Borsellino e la medaglia d’oro che il presidente della Repubblica gli conferì.

«Paolo è morto per lo Stato – ha ricordato – e adesso lo Stato sta rispondendo con fermezza, ricambiando il sacrificio di un uomo come Borsellino».


Autore : Greta Smecca

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