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Corriere di Gela | Leonardo Sciascia, premonitore suo malgrado delle italiche disgrazie
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notizia del 25/08/2013 messa in rete alle 19:47:44

Leonardo Sciascia, premonitore suo malgrado delle italiche disgrazie

Spigolando qua e la mi capita fra le mani Nero su nero, di Leonardo Sciascia (nella foto) (1921-1989), edito da Einaudi nel 1979 nella collana di Struzzi. Un libro che bisognerebbe leggere e rileggere, come succede con determinati passi della Bibbia, del Nuovo e del Vecchio Testamento. Tutto mi appare edificante ed inconfutabilmente veritiero; valido per ogni stagione; senza limiti territoriali.

In Sciascia tutto è immensamente chiaro, pregevole, amorevole pur con le inevitabili amaritudini che, a volte, lo pervadono per il suo quasi congenito pessimismo: per la sua formazione illuministica che gli proviene dalle letture di Voltaire e Diderot. In questo Nero su nero è pressante la denuncia sulla mancanza di etica, soprattutto sul versante politico e sulla sua esperienza di militante nel partito radicale.

Leggo a caso a pagina 122: «L’Italia è rovinata. Se la sono mangiata e può cominciare col vendere un pezzo della Sicilia, magari mezza. D’un gesto taglia la Sicilia da Palermo a Porto Empedocle; può cominciare a vendere questa mezza. Se non basta, può vendere l’altra mezza… e la Germania è tanto ricca che un pezzo di Sicilia lo comprerebbe di certo, e forse tutta».

E la sua ironia diventa così attuale, pressante e presente quando leggiamo «…le notizie che arrivano dai paesi vicini (quando l’autore abitava a Racalmuto) si possono condensare in una: manca l’acqua. Manca l’acqua ad Agrigento, a Licata, a Palma di Montechiaro, a Canicattì, a Ravanusa, a Favara; arriva inquinata a Caltanissetta, eccessivamente clorata – quando arriva – in altri paesi… e quelle amministrazioni comunali, regionali o statali che la fanno mancare sono piuttosto sudice».

Una nota che sembra essere stata scritta questa mattina, ma alla quale nessuno ha prestato attenzione!
Purtroppo Leonardo Sciascia è morto a Palermo nel 1989. Per la sua scomparsa Indro Montanelli, il 21 novembre ha scritto un pezzo intitolato I suoi silenzi.
Sciascia e Montanelli: accomunati nelle ideologie e nell’amore per la carta stampata, dal giornalismo ai saggi, ai pungenti corsivi.

Indro Montanelli è stato il giornalista italiano, anche inviato speciale del Corriere delle Sera, più letto e più liberale che abbia avuto il nostro Paese.
In uno dei suoli ultimi libri, La stecca nel coro (1974-1994) dedicato a tutti i suoi compagni di lavoro, Montanelli scrive per la morte dell’amico Sciascia: «Io lo considero l’ultimo cui si convenga la qualifica di grande… l’intellettuale più “disorganico” che io abbia mai incontrato, cioè il più degno della qualifica di intellettuale. Il vuoto ch’egli lascia come scrittore è certamente grande: nessuno saprà mai più darci gli “spaccati” di Sicilia che ci dava lui. Ma ancora più grande è il vuoto che lascia come uomo. Di rispetto o meno, e qualunque cosa voglia dire, in siciliano, questa parola».

Non è da meno Eugenio Scalfari nel ricordarlo nel libro La sera andavamo in Via Veneto – storia di un gruppo, dal “Mondo” a “La Repubblica”. Attraverso queste riletture i ricordi ritornano a galla, per chi ha vissuto negli anni sciasciani; ricordi che vorremmo rigenerare per la cultura tout court; che vorremmo trasmettere all’attuale generazione: con la complicità delle colonne di questo Corriere gelese.

Prima che le “invasioni barbariche” possano sommergerci e annullare le ere e determinati uomini della nostra terra: là dove fioriscono eternamente petali rosa di mandorli e fiori di capperi.

Erano queste le fioriture che assediavano la casa estiva di Leonardo Sciascia, nella campagna racalmutese de “La noce”, nella quiete delle sue sieste pomeridiane.
Là dove forse concepì l’epitaffio per la sua tomba: “Ce ne ricorderemo di questo pianeta”:


Autore : Federico Hoefer

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