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Corriere di Gela | La figura del prete nel cinema
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notizia del 08/03/2003 messa in rete alle 19:09:33
La figura del prete nel cinema

Certamente la presenza di un sacerdote ad una scuola di cinema può sembrare strana, o perlomeno inconsueta, ma se il prete in questione si chiama don Giuseppe Rabita, allora tutto rientra nella logicità. Infatti, padre Rabita è il direttore dell’ufficio diocesano per le comunicazioni sociali, nonchè un profondo conoscitore della “settima arte“. Quindi, in questa veste, il primo marzo – nell’ambito delle lezioni della Scuola Sperimentale di cinematografia organizzate con il sostegno dell’assessorato alla pubblica istruzione – ha tenuto un’interessante conferenza sul tema “La figura del prete nel cinema“. E se l’argomento poteva sembrare scontato, non lo è stata certo la trattazione: vivace, dinamica e piena di spunti di riflessione. Don Rabita ha parlato della costante presenza del prete nella storia del cinema: da don Camillo a don Matteo, passando per il don Abbondio dei “Promessi Sposi“, e non tralasciando la citazione di importanti film quali “Roma città aperta“ di Roberto Rossellini, con un indimenticabile Aldo Fabrizi nel ruolo di Don Morosini, “La moglie del prete“ di Dino Risi, con Marcello Mastroianni e “La messa è finita“ di Nanni Moretti. Il relatore ha poi scomposto in quattro ambiti speculari il “prete cinematografico“, raccontato dai registi nella sua umanità; nella sua funzione liturgica e pastorale, nel suo ruolo nell’istituzione gerarchica della Chiesa e infine nella passione sacrificale del sacerdote che si identifica con la sua missione al servizio di Dio e degli uomini, raggiungendo il culmine del proprio operato appunto nella passione della croce insieme a Cristo. E qui padre Rabita ha fatto un preciso riferimento a due martiri della Chiesa moderna come il vescovo Romero, assassinato dai signori della droga e i sacerdote polacco Popelusko, ucciso dagli aguzzini del regime comunista. Don Rabita, tralasciando retorica e luoghi comuni, ha parlato con grande rigore critico e libertà intellettuale, servendosi anche di supporti visivi. Così, gli allievi hanno avuto modo di vedere brani tratti da importanti opere cinematografiche, quali “Otto e mezzo“, di Federico Fellini e il “Curato di campagna“ di Robert Bresson. La fine della lezione, che si è tenuta presso la sede dell’istituto culturale di Sicilia per la cinematografia, è stata accompagnata da un convinto applauso da parte degli studenti, i quali, dopo la conferenza, non si sono lasciati sfuggire l’occasione di intrattenere ancora il docente con le loro domande. Certo, si può ben dire, che grazie alla sua appassionata esposizione, don Rabita ha saputo rendere più familiare la figura del sacerdote, “spogliato“ per una volta del suo abito talare e “rivestito“ dalla sua umanità.

Autore : Gianni Virgadaula

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