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Corriere di Gela | Mafia gelese, perse le tracce di “uno che sa”
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notizia del 13/06/2010 messa in rete alle 19:00:45
Mafia gelese, perse le tracce di “uno che sa”

Gaetano Iannì, in passato vero leader della stidda gelese, già collaboratore di giustizia, non è più reperibile: la notifica dell'atto che lo informava dell'avvio del procedimento a carico di tre ex componenti di cosa nostra, accusati di quattro omicidi, è andata a vuoto.

Iannì, infatti, doveva presentarsi innanzi ai giudici della Corte d'Assise di Caltanissetta in qualità di parte offesa, ma di lui non si sa più nulla.

Stando alla liste fornite dal servizio centrale di protezione dei collaboratori di giustizia, legato al Ministero dell'Interno, l'ex stiddaro non usufruiva più del programma di tutela, insomma era uscito dalle fila dei sotto protezione.

Gaetano Iannì fu uno dei primi calibri “da novanta” della criminalità organizzata gelese a compiere la grande scelta di abbandonare i delitti ed i traffici illegali, per collaborare con gli inquirenti: era il 1992, e il capofamiglia si presentò in Procura allo scopo di manifestare la volontà di farla finita con la precedente, e violenta, quotidianità.

Lo seguirono anche i due figli, Marco e Simon, cresciuti con le armi in mano. Il nome di Iannì, attraverso le lunghe ricostruzioni fornite agli inquirenti, si è legato anche ad uno dei tanti misteri italiani: l'omicidio di Enrico Mattei.

Fatti ritornati di stretta attualità poche settimane addietro, quando un altro ex mafioso gelese, per la verità un personaggio di basso cabotaggio, Antonio La Perna, descrisse di fronte ai giudici della Corte d'Assise di Palermo, che procedono per i fatti inerenti l'uccisione del giornalista, Mauro De Mauro, l'incarico, affidato alle famiglie gelesi da Giuseppe Di Cristina, capofamiglia del gruppo di Riesi, di uccidere il presidente dell'Eni.

Iannì aveva, a sua volta, fornito una personale versione dei fatti, caratterizzata dai medesimi attori, già nel Settembre del 1993: era certo della presenza di una mano mafiosa dietro la prematura fine di Enrico Mattei, consapevolezza sorta dopo un summit stiddaro, organizzato nelle campagne di Favara, nel corso del quale il riesino Gaetano Di Bilio, vicino allo storico boss, Giuseppe Di Cristina, ma poi passato alla fazione opposta, descrisse nei minimi dettagli il compito affidato, da alcuni importanti personaggi, al padrone di fatto di Riesi.

Bisognava piazzare dell'esplosivo sotto il carrello anteriore del velivolo che avrebbe condotto Mattei a Milano: alla fine i gelesi, però, vennero sostituiti, a detta dello stesso Iannì, da un gruppo di catanesi, assai più abili in questa pratica. La morte che, secondo vari pareri, cambiò le sorti italiane, venne “appaltata” ai clan nisseni: questa la ricostruzione di molti collaboratori di giustizia, fra i quali quel Gaetano Iannì, ad oggi irreperibile, fonte autorevole secondo i magistrati che lo hanno ascoltato nel corso di questi anni.


Autore : Rosario Cauchi

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