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Corriere di Gela | Processo sulla retrocessione del Gela
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notizia del 07/06/2003 messa in rete alle 17:56:03

Processo sulla retrocessione del Gela

Epilogo sconcertante ma indubbiamente meritato per il Gela. Nella gara più importante della stagione i giallo-rossi sono scesi in campo senza voglia di combattere, quasi prendendo in giro l’incredulo nonché numeroso pubblico locale, e a giovarne è stato un Tivoli modesto ma dignitoso. A fine gara la formazione laziale ha raccolto i meritati applausi dello sparuto gruppo di tifosi giunti a Gela praticamente rassegnati, ma i maggiori consensi in verità sono giunti dagli spalti del Vincenzo Presti, con la tifoseria locale che ha riservato tre minuti di acclamazione ad una squadra che desiderava fortemente la salvezza onorando pienamente l’impegno.
Dopo sette anni dunque il Gela ritorna nei dilettanti, e di certo sarà dura risalire in ambito professionistico, sebbene la maggior parte della città spera in un ripescaggio, ipotesi non improbabile. Naturalmente hanno avuto inizio i primi processi all’indirizzo della società e della squadra, e la partenza di Docente viene da tutti additata come la causa principale del crollo verificatosi nella seconda metà di stagione.
La cessione del giovane gelese ha di certo inciso notevolmente sull’esito finale della stagione, ma altri mali hanno colpito la compagine giallo-rossa. Quali sono questi altri fattori che hanno provocato la retrocessione? Proviamo ad analizzare gli errori complessivi compiuti da dirigenza, tecnico e giocatori.

1) dirigenza: la tifoseria si è aizzata all’unanimità nei suoi confronti, in quanto ritenuto il principale responsabile della retrocessione del Gela. Parliamo ovviamente di Emanuele Fraglica, il quale in seno alla società ha ricoperto il ruolo di vice-presidente, presidente, direttore generale, direttore sportivo, socio maggioritario, socio minoritario.
Vero e proprio factotum, non è un caso che il club sia ripiombato in serie D nell’unica stagione in cui Fraglica ha usufruito di una plenitudo potestatis, con gli altri soci che si sono fatti da parte lasciandogli carta bianca. La colpa di quest’uomo risiede nel coltivare la presunzione di definirsi competente in ambito calcistico: nella fase iniziale della stagione addirittura il Gela annoverava nello staff tecnico un direttore sportivo, Consagra, ma Fraglica lo ha sbolognato il prima possibile giudicandolo superfluo.
Bisogna ammettere che la gestione della società in questi anni non è stata disastrosa, se è pur vero che il club giallo-rosso vanta un bilancio sano, ma Fraglica rientra nella schiera di quei presidenti-padroni come Moratti o Gaucci che elargiscono denaro a sinistra e a destra per poi raccogliere soprattutto insuccessi, senza farsi peraltro apprezzare pienamente dalla piazza.
La tifoseria non ha mai digerito le cessioni di Nassi e Docente, il cui considerevole sacrificio tecnico necessitava un’attenuazione mediante l’approdo a Gela di elementi dotati del medesimo valore. Chi ti va a prendere invece Fraglica? Rocco Napoli, Diego Albano e Lorenzo Battaglia. Ma per favore!
A priori si sapeva che avrebbero deluso. Dirigenza latente anche sotto l’aspetto disciplinare: come si può condonare un elemento del calibro di Cataldi, che dall’alto della sua esperienza più volte avrebbe dovuto evitare di farsi espellere o commettere altre leggerezze che hanno vanificato numerosi incontri? Le multe sono superflue? Firenze era prigioniera di Cecchi Gori, e la sua scomparsa dai quadri societari ha ridato entusiasmo alla città toscana, con la tifoseria accorsa in gran massa all’Artemio Franchi nonostante militasse in serie C2. Anche Gela vive una situazione analoga: Fraglica è odiato da tutti, nessuno escluso, per cui gioverebbe di certo al futuro del Gela una sua cessione dell’intero pacchetto azionario che attualmente detiene, in quanto consentirebbe il ritorno dell’entusiasmo nell’ambiente giallo-rosso.

2) giocatori: assolutamente vergognosi sotto l’aspetto fisico e caratteriale. Avrebbero dovuto salvare la faccia disputando gli ultimi novanta minuti della stagione con il coltello tra i denti, sputando sangue in campo, ma per l’ennesima volta hanno disonorato la maglia che indossano e tradito la fiducia della tifoseria, regalando la salvezza ad un club che ha ottenuto diciotto punti in meno in campionato. In verità la maggior parte di questi pseudo-professionisti sono approdati a Gela allettati forse dalle attrazioni femminili del luogo o lusingati da un ultimo lauto ingaggio. Squadra per la maggior parte composta da ultratrentenni impresentabili dal punto di vista della condizione fisica, privi di benzina in corpo (Formisano, Erbini, Cataldi, Colletto), altri che hanno giocato quasi sempre con aria di strafottenza (Procopio, Albano, Battaglia, Scopelliti), mentre i giovani, nei quali si riponeva un pò di fiducia per la loro vitalità, hanno dimostrato di essere abulici, privi di carattere, come se la loro carriera fosse al crepuscolo (Pappalardo, Falanca, Matinella). Qualora avvenisse il miracolo del ripescaggio, che la società li mandi tutti via e acquisti prima di tutto degli uomini, gente che ha voglia di sacrificarsi in campo, non giocatori senza cuore e senza testa.

3) tecnico: prima o poi, si paga la presunzione. Ruisi afferma di aver subìto il tradimento della squadra, ma anziché colpevolizzare unicamente i giocatori, rifletta sulle sue responsabilità. Nel corso della stagione non si è visto uno schema di gioco degno di una squadra di C2, alcun utilizzo delle fasce, giocatori fuori ruolo. Nel girone di andata il Gela volava grazie all’ottima condizione fisica dell’organico (soprattutto Scopelliti, Formisano ed Erbini) e alle prodezze di Docente. Ha avallato l’acquisto del suo pupillo Albano, l’attaccante più mediocre fra quelli che hanno indossato la maglia del Gela, non si è opposto all’arrivo di Battaglia, per poi scaricarlo, non si è impuntato contro la società al fine di avere un attaccante che rimpiazzasse degnamente Docente. Non si è imposto sui difensori gelesi, poiché fino all’ultimo minuto di questa disgraziata stagione l’incorreggibile Cataldi ha effettuato lanci lunghi all’indirizzo di Erbini (e non Albano, che di testa non ne becca una) scavalcando il centrocampo. Non si è imposto su se stesso, perché non ci voleva molto a capire l’impossibilità per il Ge-la di schierarsi con la difesa a tre, ma con un ritorno al 4-4-2 avrebbe ammesso il fallimento del modulo e Ruisi non accetta bagni di umiltà.
Il colmo è stato raggiunto proprio in casa contro il Tivoli: 3-5-2, con Pappalardo (un terzino) e tre mediani a centrocampo. In pratica le punte raramente hanno ottenuto servizi adeguati, quei servizi che Scopelliti e Conte avrebbero di certo garantito sulle fasce. La perla finale in una sua dichiarazione raccolta alla vigilia dei play-out: “il Gela si salverà, in quanto superiore qualitativamente al Tivoli”. Eh, caro Ruisi, ma il Tivoli ha dimostrato di avere qualcosa che raramente il Gela ha mostrato nel corso della stagione: le palle. Differenza non qualitativa ma quantitativa che ha permesso loro di conquistare la salvezza. Prima o poi si paga la presunzione.


Autore : Paolo Cordaro

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