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Corriere di Gela | L’esperienza umanitaria di Rocchina d’Amaro
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notizia del 13/10/2013 messa in rete alle 16:30:32

L’esperienza umanitaria di Rocchina d’Amaro

Viviamo una vita che non ci appartiene del tutto, ma ci è stata donata ed è nostro dovere viverla al meglio. E’ fatta di scelte che prendiamo in un attimo e poi scontiamo per il resto del tempo, percorrendo strade che a volte non immaginiamo, intraprendendo viaggi non solo mentali ma anche fisici, come quello di Rocchina d’Amaro che ci racconta il suo particolare e personale viaggio che prende il nome di un solo continente: Africa.

Nata a Gela, diplomata presso il liceo Eschilo, laureata a Palermo in chimica industriale, Rocchina attualmente vive a Bergamo, dove lavora come insegnante. Nel periodo della sua adolescenza inizia la sua esperienza al Cesma, il centro giovanile diretto da don Angelo Strazzanti. E’ questa per Rocchina la fase formativa più importante della sua vita. Tra quelle mura ha compreso il significato del donarsi agli altri, spendere il proprio tempo, metterlo a disposizione di chi ne ha più bisogno, proprio come ha fatto lei in Africa. Considera Gela come una città con non pochi problemi sociali e culturali, ma anche un porto a cui approdano quelle popolazioni che affrontano “il viaggio della speranza”.

Ed è con una parte di questa popolazione che Rocchina ha voluto condividere una delle più grandi emozioni della sua vita. «L'idea di fare questo viaggio era nel mio cuore da parecchi anni – racconta Rocchina – e non saprei spiegare esattamente quando nasce tutto. Forse dal bisogno di conoscere culture, posti diversi, e al tempo stesso dalla necessità di poter fare qualcosa di concreto per chi ha meno. In seguito ad alcune vicende personali poi si sono venute a creare le condizioni adeguate per poter partire e ho colto l'occasione. Credo di essere solo stata una "goccia nel mare", come dice Madre Teresa».

Rocchina è stata lontana dalla sua terra per quasi un mese. Pensava di essere pronta e per i primi dieci giorni questa convinzione in lei è perdurata, ma poi ha capito che non era come immaginava, sopratutto di fronte alle malattie.

«La mattina ci si svegliava presto per la colazione e poi ci si dedicava alla realizzazione di cartelloni per le aule d'asilo. Disegnavamo e coloravamo case, oggetti, animali e scrivevamo sotto ogni disegno il corrispettivo nome in inglese, così gli insegnanti avevano gli strumenti utili per potere insegnare. La giornata trascorreva poi in compagnia delle ragazze orfane che abitavano nella missione (casa), di tre maschi di età compresa tra 10-12 anni e poi in compagnia di Monica di circa due anni e Joseph di circa tre. Nessuno o pochi dichiarano la nascita dei bambini, ecco perché l’età è spesso incerta. In Malawi, dove sono stata, e non penso sia poi così diverso altrove, i figli rimangono totalmente orfani se muore la madre perchè il padre si risposa dimenticandosi di loro».

Rocchina definisce il suo non soltanto un viaggio fisico, ma soprattutto un viaggio spirituale, un viaggio dell’anima. Al suo fianco c’erano due suore sacramentine e due ragazze italiane che facevano volontariato.

« Negli occhi di Monica e Joseph, nonostante la tanta povertà e tutte le conseguenze che questa trascina con sé, ho visto la gioia. Non considero la mia esperienza come una missione, ma voglio definirlo volontariato. I missionari sono persone dotate di un coraggio, una fede e una speranza non paragonabili a quelle che ho avuto e ho io. Se esistono gli angeli, questi sono i missionari, e considero tali anche i preti, le suore, gli assistenti sociali, gli educatori che operano nella povertà spirituale della nostra società».

Rocchina ha dato un senso al suo volontariato: portare un po’ di allegria e qualcosa di diverso nelle vite che il destino ha voluto farle incontrare. Ha disegnato, colorato, dipinto, giocato con i bimbi, suonato la chitarra per loro e cantato insieme a loro. Ha fatto ciò che poteva fare, ciò che sapeva fare. Un momento indimenticabile tra i tanti è stato il giorno della sua partenza per l’Italia, quando l’hanno salutata cantando canzoni africane e quelle che lei spesso suonava per loro, tra cui anche Volare di Domenico Modugno.

«Ciò che invece mi ha turbata parecchio è stato scoprire che il piccolo Joseph aveva l'Hiv. Joseph è figlio di una povera donna del paese. Non oso immaginare quanti uomini abbiano abusato di lei. Portava il piccolo sempre legato sulla schiena. Le forze dell'ordine le hanno poi tolto il bimbo consegnandolo alle suore. Da quel momento in poi ha cominciato a parlare, a camminare e a mangiare di continuo. Un bambino meraviglioso, un dono del cielo».

Rocchina sente che adesso la sua vita è diversa. In qualche modo vuole continuare ad aiutare questa gente e a sostenere gli angeli che si prendono cura di loro. Sente che la sua vita è diversa perché adesso si accorge di quante cose banali in realtà ci rendono fortunati: avere una famiglia, una casa, sapere il giorno del nostro compleanno. Tutto ciò che a noi sembra misero per loro invece è .

Ci congediamo da Rocchina con questa domanda: Ripeteresti questa esperienza? Questa la sua risposta: «Col senno di poi, si».


Autore : Greta Smecca

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