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Corriere di Gela | Inaugurato in città il modulo sud del dipartimento di salute mentale
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notizia del 22/09/2012 messa in rete alle 16:30:07

Inaugurato in città il modulo sud del dipartimento di salute mentale

Come gestire il malato mentale, quali strutture e figure professionali necessarie. Di questo e di altro si è discusso martedì scorso, 17 settembre, nell’occasione della cerimonia di presentazione di un importante servizio per la comunità, il dipartimento di salute mentale, modulo di Gela, nella struttura già esistente di via Madonna del Rosario, inaugurata ben dieci anni fa e che avrebbe dovuto ospitare un centro diurno, mai realizzato.

Direttore del dipartimento il dott. Franco Lauria, medico chirurgo specialista in psichiatria, capo distretto sud dell’Asp 2 di Caltanissetta, che sarà affiancato da un valido staff di collaboratori, tra cui la dott.ssa Ritalba Mazzè, con la quale ha già collaborato in passato tra il 2002 e il 2008 quando era direttrice di tutto il dipartimento della provincia di Caltanissetta, oggi dirigente dell’omologo dipartimento nella zona nord, dall’assistente sociale Maria Grazia Fasciana, da tre tirocinanti, tra i quali la dott.ssa Oliva ed infermieri.

Tante le problematiche emerse, sollevate da operatori del settore, familiari di pazienti e da rappresentanti di associazioni di volontariato presenti alla cerimonia di insediamento: in primis l’integra-zione del servizio dipartimentale con le altre strutture del territorio, l’Asp, i consultori, i servizi sociali del comune. Aspetto che con questa nuova struttura potrà essere superato. Ma da subito è stato evidenziata l’assenza dell’interlocutore più importante, il comune di Gela, mentre è intervenuto un assistente sociale del comune di Niscemi, Sergio Callari, responsabile tecnico per i piani di zona.

Pina Miceli del tribunale dei diritti del malato ha accusato l’amministrazione comunale per il mancato rispetto dei piani integrati, falliti.

Occorre – è stato ribadito – una sinergia di tutte le forze che operano nel territorio. «Con il nuovo piano regionale il comune dovrà collaborare». E’ questo che ha sottolineato la dott.ssa Mazzè, per la quale ciò che è fondamentale è restituire il malato al suo territorio, alla famiglia, dopo la riabilitazione nelle comunità terapeutiche, che non devono assumere il ruolo di nuovi manicomi, aboliti con la legge 180.

E’ stato posto l’accento sulla situazione vissuta dalle famiglie nella gestione del malato mentale, che spesso si sentono abbandonate, senza interlocutori. Da qui l’importanza dell’istituzione di centri diurni, che rappresentano uno sgravio per le famiglie, dove il paziente viene stimolato nelle sue potenzialità, attraverso attività ludiche, ricreative. Ma un altro neo è stato sollevato: le grosse difficoltà di inserimento degli ex-pazienti nella società, attraverso un lavoro. Una carenza che si spera di colmare attraverso i piani di zona regionali, così come auspicato dalla dott.ssa Fasciana. Altra carenza emersa quella di figura professionali specifiche, gli psicologi, che dovrebbero essere forniti dall’azienda sanitaria. Per il malato mentale è indispensabile la cura farmacologia, da integrare però con quella psicologica. «Non abbiamo psicologi in pianta organica da tantissimi anni – denuncia il dott. Lauria –. Le uniche figure di questo tipo sono stati finora volontari o tirocinanti.»

C’è chi si è posto il problema di come la società civile possa venire in aiuto ai malati, in particolar modo le associazioni di volontariato, i club service, che svolgono una importante funzione in città. Lina Orlando, presidente del Kiwanis, si è detta molto interessata e disponibile verso i bambini, alle loro problematiche, legate all’autismo, e ad altre patologie psichiche-psicologiche.

Ciò che occorre in particolar modo è sensibilizzare la società verso l’accettazione del malato mentale e l’aiuto alle famiglie. Per questo il dott. Lauria si è detto disponibile a riattivare l’associazione “Oltre il muro” da lui creata diversi anni fa ma che poi per mancanza di collaborazione non ha potuto continuare a svolgere la sua funzione.

«Occorre – ha detto il medico – collaborare con le famiglie dei pazienti, farle incontrare tra loro e confrontarsi. Il malato mentale deve essere considerato come un paziente socio-sanitario, quindi la collaborazione di tutte le forze è fondamentale per restituirlo alla società, guarito e con possibilità di reinserimento nel contesto territoriale».


Autore : Cinzia Sciagura

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