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notizia del 07/10/2007 messa in rete alle 15:59:01
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Difendere e sostenere la letteratura locale
E’ cronaca di questi giorni: se entro il 15 ottobre non verrà posto il divieto per evitare lo scempio delle trivellazioni dei petrolieri texani in Val di Noto, il segretario nazionale dei Codacons proclamerà uno sciopero della fame del Movimento politico consumatori italiani. Il responsabile dei Codacons chiederà, altresì, le dimissioni del governatore Cuffaro e dei suoi seguaci a livello regionale. Chi sono questi texani? Appartengono alla società Panther Eureka e sostengono che non ci sarà impatto ambientale; che le perforazioni per la ricerca di idrocarburi gassosi è diversa da quella per le ricerche petrolifere, come quelle avvenute a Gela; che le royalties pagate porteranno ai comuni interessati enormi benefici, ecc, ecc. Così come è stato per Gela negli anni d’oro dell’Eni?! Ma allora c’era Enrico Mattei, che guardava alla nostra comunità ed alla sua industrializzazione con occhi umani e non rapaci. Eppure, fin da allora, il poeta gelese Serafino Lo Piano cantava profeta e non visionario: “Stride il morso vorace/delle torri-trivelle/e penetra la terra,/la nostra povertà/ma sulla roccia rossa del mio cuore/si spuntano le sonde;/uomo del Nord,/tu non vincerai…//”. E sono anche sintomatiche alcune testimonianze, di amor patrio locale, che avevano portato lo scomparso prof. Giovanni Altamore (foto) (nel suo lungo saggio, ritrovato ad opera dei figli dopo la sua dipartita avvenuta nell’agosto del 2004) ad individuare alcune verità storiche e rielaborarle nel volume “La cultura siciliana nell’epoca del nichelismo”. La cultura siciliana (con innesti di carattere politico e sociale) rivisitata attraverso i suoi principali scrittori; partendo da considerazioni filosofiche ma innestandovi determinati “accadimenti petrolchimici” avvenuti negli anni delle prime trivelle: profanatrici delle zolle della piana e delle profondità del mare dirimpettaio. Giovanni Altamore, attraverso gli studi filosofici, la militanza politica e la docenza in alcuni istituti superiori del nisseno, ha saputo individuare ed anticipare quelle idee basilari per “recuperare i valori borghesi dei diritti dell’uomo e del cittadino. Diritti che in Sicilia sono stati sempre calpestati da una organizzazione della vita politica e sociale, ispirata al clientelismo ed all’affarismo più sfacciati, anche se ammantati di solidarietà e di partecipazione effettiva…” Cosa avrebbe scritto Giovanni Altamore al cospetto delle trivelle in Val di Noto, dopo l’esperienza delle partecipazioni statali a Gela in quegli anni? Le sue considerazioni non sarebbero cambiate. Ed ecco, allora, che siamo portati a sostenere la conservazione, la catalogazione e la diffusone della letteratura gelese. Dalla più modesta alla più erudita; a partire dalla fine della seconda guerra mondiale (per non disturbare quella risalente ai greci ed ai latini), fino ai giorni nostri; perché il rinverdire la letteratura rappresenta un patrimonio da non sottovalutare. Forse “il sapere non da certezze, ma può farci acquisire l’abitudine al dialogo, alla solidarietà alla comprensione delle ragioni altrui”, come scriveva Salvatore Parlagreco nel volume “Le ragioni della tolleranza” edito a Torino nel 95 dalla Sei. Per Altamore la certezza è la Sicilia, Gela: la metafora di qualcosa più grande di noi ma sempre da scoprire e riscoprire attraverso la lettura e la rilettura dei volumi. In questo calderone di scrittori illustri Giovanni Altamore spigola fra Verga e Pirandello, fra De Roberto e Brancati, fra Sciascia e Consolo, fra Elio Vittorini e Bufalino; senza dimenticare i Camilleri, i Matteo Collura, i Melo Freni e la Silvana Grasso; autori per “cambiare metodo! Di spostare l’asse di attenzione dal nord al sud, per recuperare le sue caratteristiche storiche” e letterarie. Nonostante i guasti della modernità e dello sviluppo capitalistico l’identità culturale della Sicilia non è stata sostanzialmente offesa, ci avverte Giovanni Altamore. La riflessione è condivisibile; così come l’assunto del sindaco di Comiso Pippo Digiacomo nel rimarcare che i siciliani sono portati a dimenticare facilmente a fronte di un utilitaristico “cogito ergo sum”.Ma la cultura e la letteratura siciliana ci salvano da certi detti, perché sorretti dagli scrittori nostrani di turno.
Autore : Federico Hoefer
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