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Corriere di Gela | Storia e declino della torre di Manfria
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notizia del 16/12/2007 messa in rete alle 15:34:48
Storia e declino della torre di Manfria

Le antiche torri di guardia lungo le coste siciliane, i fari, i muri di difesa in determinate città, hanno sempre conservato un certo arcano fra la collettività degli abitanti della nostra isola.
In tale contesto la Torre di Manfria, pur malandata, conserva il suo fascino; fino a quando l’incuria non la vedrà rasa al suolo, dopo tanti anni di onorata visibilità e funzionalità al cospetto del mare: regno di pirati, petroliere e splendidi pescatori.
E’ il destino di certe “pietre” edificate per volontà di regnanti o per il genio di artisti che possedevano lungimiranza, ma sconoscevano deleteri utilitarismi di comodo e di facciata.
E’ notevole il contributo fornito dallo scrittore Antonio Palazzolo in un saggio su “Le torri militari in Sicilia nel cinquecento”, comparso nel numero di dicembre dell’anno scorso, sulla Rassegna siciliana di storia e cultura diretta da Dino Grammatico.
C’è da premettere, su alcune notizie sulla Torre di Manfria di Gela, che la difesa della Sicilia fosse uno dei problemi principali della politica militare spagnola nel Mediterraneo.v Infatti furono i vicere, nel susseguirsi al governo dell’isola, a sentire maggiormente la necessità di opportune fortificazioni subito dopo l’arrivo a Palermo di Carlo V.
Nel mese di maggio del 1583 furono emanate alcune istruzioni al capitano Giovan Battista Fieschi, commissario generale delle fabbriche delle torri e delle guardie marittime, unitamente al noto ingegnere Camillo Camjlliani, per una attenta ricognizione generale attorno alle coste della Sicilia e per controllare il loro stato di difesa.
Ciò per la salvaguardia dei centri abitati da imprevedibili razzie da parte di pirati barbareschi.
A partire da quel 1583 fino al 1589 il Camjlliani, per conto delle Deputazioni delle torri, completò la ricognizione e stese un elenco di 43 torri, fra le quali la gelese Torre di Manfria, la Torre di Caronia del duca di Terranova e la Torre di Falconara del principe di Butera.
Con le sue approfondite ricognizioni il Camilljani mise in evidenza le insenature di facile approdo per eventuali invasori provenienti da mare, e che avrebbero potuto mettere in crisi il sistema economico dei traffici marittimi.
In una sua relazione alle Deputazioni delle Torri scrisse che la Torre di Manfria “tiene di guardia tre soldati quali non hanno altro che le scopette (fucili n.d.r.), et guarda da levante tutta la plaia di Terranova fino a Falconara, in dove li corsari al spasso solino cattivare i cristiani…”.
Conservarle, rinverdirle e diffonderle ancora e sempre, nella storia di questa cittadina, non sarebbe male, anzi.
Preservare le “pietre”, questo tipo di pietre, è importante: anche per i potenziali tecnici ed architetti nostrani.
Potrebbero passare alla storia ed essere realmente protagonisti di una fetta di vita di questo territorio dove si accumulano i secoli.
Con il D.R. del 30 dicembre 1860, il nuovo stato unitario mise all’asta, per la vendita a privati, le antiche torri costiere ed i forti che avevano costituito, per circa tre secoli, il nerbo difensivo della nostra frontiera marittima.
Chi comprò la Torre di Manfria?
In un avvincente saggio datato 2003, Giovanni Altamore scrisse, fra l’altro, “che non basta potersi collegare via internet con il resto del mondo, ma anche il sapere ascoltare le voci antiche della sua storia, di tornare a raccontare di Ulisse, della sua Odissea… dei tempi veri della vita dell’uomo…”. Quel “tornare a raccontare” ci riporta alla Torre di Manfria; ad una realtà storica che circonda l’apparato urbano di Gela: altalenante ai voleri del fato e del contingente. Come ci tramanda chi racconta e scrive. Da sempre.


Autore : Federico Hoefer

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