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Corriere di Gela | Non so... stare a Gela
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notizia del 04/05/2008 messa in rete alle 15:10:03
Non so... stare a Gela

“So stare a Gela”. E’ lo slogan che campeggia sui tagliandi, di cui ogni automobilista di buon senso che arrivi a Gela deve premunirsi per poter parcheggiare il proprio automezzo, in moltissime zone della città, senza incorrere in sanzioni amministrative, quindi di natura pecuniaria, previste dal Codice della Strada.
L’ideatore del suddetto slogan deve essere dotato di fertile fantasia, ma anche di non comune faccia tosta se è riuscito a coniare (con azzeccata – bisogna ammetterlo – utilizzazione delle tecniche della comunicazione pubblicitaria) un messaggio che presuppone e sottende la voglia e la capacità del cittadino di vivere nel rispetto dell’ordine, ma anche la premura della Pubblica Amministrazione nell’individuare le migliori e, perciò, praticabili soluzioni alternative da offrire all’utente della strada.
Un messaggio che, però, produce l’effetto contrario, tenuto conto delle incazzature che è costretto a prendersi un qualunque automobilista (gelese e non), alla disperata ricerca di un’area, di uno spazio, ove poter parcheggiare la propria autovettura, al quale si pretende di far accettare come positivo il fatto che in città non vi siano spazi liberi (tranne in periferia) e che bisogna sborsare, in anticipo, importi variabili, in relazione alla presumibile durata della sosta: € 0,40 (per 30 minuti), € 0,60 (per un’ora), € 2,00 (per mezza giornata). Con il risultato che quello che doveva essere un deterrente per decongestionare il traffico veicolare nel centro storico cittadino, si è trasformato in un business alquanto redditizio (sono migliaia gli automobilisti costretti, ogni giorno, a pagare il ticket per la sosta lungo il corso Vittorio Emanuele, le vie Cairoli, Navarra, Rossini, Giacomo Navarra Bresmes, piazza Salandra, Viale Mediterraneo, piazza Vittorio Veneto, ecc.). L’unica eccezione prevista, con relativa esenzione dal pagamento del ticket, è quella di cui godono (in accoglimento di un suggerimento formulato da questo giornale) i residenti nelle zone interessate dal provvedimento amministrativo de quo.
Fino alla scorsa settimana, trascorrendo le festività pasquali ed il successivo periodo elettorale nella mia città, per oltre un mese, ho avuto la possibilità di verificare, personalmente, quali e quanti sono i disagi che i gelesi sono costretti a sopportare, in conseguenza delle restrizioni imposte dall’Amministrazione comunale: centinaia di automobilisti impegnati, con i loro automezzi, a girare e rigirare, talvolta inutilmente, per le vie del centro, con consequenziale emissione nell’atmosfera – attraverso i tubi di scarico dei rispettivi autoveicoli – di gas inquinanti e fortemente nocivi per la salute pubblica.
Come i lettori ricorderanno, ho presenziato anche ad alcuni appuntamenti di pubblico interesse, il più importante dei quali, certamente, rappresentato dall’illustrazione, da parte dell’architetto palermitano, prof. Collovà, del progetto denominato “una via tre piazze”, che prevede una serie di interventi di riqualificazione urbana lungo la via Cairoli ed, in particolare, la sostituzione del fondo stradale bituminoso con basole di terra lavica, estesi al corso Salvatore Aldisio, nonché di radicale trasformazione di alcune piazze cittadine: Santa Lucia, Salandra ed Umberto I, collegate tra loro dal corso Vittorio Emanuele.
Il progetto, com’era facilmente prevedibile, ha suscitato consensi, ma anche vibrati dissensi (specialmente da parte di coloro che temono un sostanziale sconvolgimento dello status quo), ma anche da parte di coloro i quali, come Mons. Grazio Alabiso e don Vincenzo Iannì, rispettivamente parroci della Chiesa Madre e di San Francesco d’Assisi, con i membri dei comitati di quartieri, ipotizzano l’insorgere di problemi e difficoltà, anche e soprattutto in occasione di manifestazioni religiose particolarmente partecipate da migliaia di fedeli (i festeggiamenti in onore di Maria SS. dell’Alemanna, patrona della città, i riti della Settimana Santa, la festa dell’Immacolata, con le relative processioni, per fare alcuni concreti esempi).
Lo scopo che si intende perseguire è quello di un sostanziale recupero del centro storico federiciano, sottraendolo al traffico veicolare particolarmente caotico ed indisciplinato (con macchine parcheggiate, in parte sui marciapiedi, in parte in doppia e, talvolta, in tripla fila) per destinarlo alla tranquilla e rilassante fruizione dei pedoni.
Il progetto presenta indubbiamente molte luci, ma anche alcune ombre, come per esempio la trasformazione di piazza San Francesco in teatro all’aperto, con la creazione – sottoforma di corollario, in cemento armato o in marmo – di una seppur piccola tribuna, dalla quale gli spettatori possano comodamente assistere a spettacoli teatrali e/o di arte varia. Una scelta contestata dagli abitanti della zona, i quali temono che la piazza così trasformata, specie nelle ore notturne, diventi ritrovo per giovani sbandati o alla ricerca di ....sballo, con intuibili negative conseguenze per la tranquillità dei residenti, ma che viene giudicata anche inappropriata ed addirittura irriguardosa, oltre che pregiudizievole del decoro e della sontuosità del Palazzo di Città, che già nel passato, per lungo tempo, aveva subito l’oltraggiosa presenza di centinaia di autoveicoli disordinatamente parcheggiati nella stessa area. Senza che se ne abbiano, peraltro, particolari benefici, ma con l’aggravante di rendere problematiche le operazioni di traslazione dei defunti per e dalla chiesa di San Francesco, prima e dopo le esequie funebri.
Tra gli aspetti negativi va annoverata anche la disastrosa condizione delle strade cittadine, lungo le quali sono presenti pericolosi avvallamenti, buche larghe e profonde, che costringono l’automobilista innanzitutto a rallentare sensibilmente la marcia, ma anche ad effettuare pericolose gimcane, con il serio rischio di collisione con veicoli provenienti dal senso opposto.
Ad acuire l’insofferenza e le lamentele (giustificate) degli utenti della strada contribuisce anche la mancanza di senso civico di taluni soggetti, i quali eseguono e/o fanno eseguire scavi lungo i marciapiedi e le strade (magari per interventi di spurgo delle intasate condotte che collegano le loro abitazioni alla rete fognaria cittadina, per lo scarico di acque bianche e/o nere), ma che – ad operazioni concluse – si limitano ad una superficiale e precaria copertura del tratto di strada precedentemente scavato, senza cioè provvedere al puntuale e dovuto ripristino delle condizioni preesistenti, che gli esperti di diritto amano definire status quo ante (quindi anche con il completo rifacimento della pavimentazione).
Anche dal punto di vista igienico-sanitario la situazione non è migliorata rispetto al passato. Sia per le cattive abitudini dei residenti, che sono soliti depositare i sacchetti dell’immondizia lungo i marciapiedi e/o in prossimità degli sgangherati ed antigienici (perché raramente riparati e/o sottoposti alle dovute ed opportune operazioni di lavaggio e disinfezione) contenitori collocati lungo le vie cittadine. Condizioni queste che finiscono con il giustificare e legittimare i poco edificanti comportamenti prima evidenziati.
Ci sono aspetti positivi da evidenziare, primo fra tutti la creazione di rotonde spartitraffico lungo le strade da e per la città. Particolarmente utile e perciò azzeccata la realizzazione di tale intervento in prossimità dei principali snodi stradali (all’ingresso del villaggio di Macchitella, incrocio via Butera, incrocio via Niscemi con via Venezia), cheoltre a rendere più bella ed accogliente la città, servono da valido deterrente, per la prevenzione di incidenti stradali, che fino a qualche tempo addietro si verificavano numerosi, e talvolta pure particolarmente gravi.
Se non ci fosse sempre aperta, come una sanguinante ferita, la questione relativa alla cronica penuria ed al prezzo esorbitante dell’acqua (peraltro non potabile), che continua ad angustiare i cittadini gelesi, si potrebbe parlare di un concreto, seppur parziale, recupero di discrete condizioni di vivibilità. Confidare in un futuro migliore è più che plausibile, oltre che giusto. Io ne sono profondamente convinto, al punto di avere maturato il proposito, appena avrò lasciato definitivamente la mia attività lavorativa, di tornare definitivamente a vivere nella mia città, con la quale – come confermano anche queste note – ho mantenuto un profondo rapporto d’amore.


Autore : Elio Cultraro

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