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Corriere di Gela | I possedimenti letterari di Giuseppe Oresti
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notizia del 26/01/2013 messa in rete alle 15:03:51
I possedimenti letterari di Giuseppe Oresti

Quando si parla di possedimenti ci si riferisce, soprattutto, a quelli di natura materiale. Quelli posseduti da Giuseppe Oresti li possiamo collocare fra quelli di natura spirituale, romantica, che, il più delle volte, si innestano con il ricordo, nelle sue diverse sfaccettature. Ricordi realmente veri, vissuti nel tempo; oppure inventati: per il semplice gusto dell’invenzione, quasi per una esigenza interiore.

Così realtà, ricordi ed immaginazione compiono una serie di itinerari apparentemente paralleli, per approdare là dove l’Autore intende pervenire e lasciare una significativa traccia della sua scrittura.

Oresti è nato nel 1935 ad Acquaviva Platani; per ventotto anni ha svolto la sua attività professionale, quale responsabile della delegazione dell’Automobil Club d’Italia di Gela, e per altri diciotto anni ha lavorato presso l’Inps gelese.

Da giovane si è formato scuola dei Salesiani di Don Bosco in quel di San Gregorio di Catania, nutrendosi di letture e di cultura umanistica ad ampio respiro. Con gli anni è stato colpito dal “bacillo” della scrittura: intimisticamente appassionata e alimentata da un lessico attento e responsabile.

Giuseppe Oresti ha già dato alle stampe “Mastro Crispino il ciabattino” e “Calidda la spazzina”, due commedie dialettali in lingua siciliana, rappresentate anche a Gela.

Oltre alle citate commedie ha pubblicato le raccolte di poesia “Pensieri in parole – rime e non “ risalente al 1999 per le edizioni Promoter di Gela.

Su una nota a questa raccolta Giorgio Romano ha scritto che i versi di Oresti”… sono gioielli incastonati nello scrigno del tempo, dotati di intrinseca musicalità e portano il sigillo dell’originalità.

Essi hanno un valore culturale e sociale ineluttabili e sono splendidi guerrieri nelle loro armatura”.

Risale al 2010 il romanzo “condannato a vivere” che Oresti ha ambientato tra il 1815 e primi decenni del Novecento, nel cuore della Sicilia, in un ridente paesino della Sicilia, collocato di fronte al monte Cammarata.

Tre anni addietro Salvatore Mistretta scriveva che dal romanzo di Oresti “emerge anche una Sicilia con i suoi colori, i suoi contrasti ed i suoi bei paesaggi, che sono quelli dei monti Sicani….”.

Di tutt’altra natura è il romanzo-racconto-diario pubblicato a dicembre dell’anno scorso che ha per titolo “La naya di Ottavio”.

Si tratta di reminiscenze, invenzioni e verità sulla complicata ma esperienziale vita militare dei coscritti.

Tutto si svolge, fra luci ed ombre, nel mondo degli ormai aboliti Car (Centro Addestramento Reclute); diciotto mesi di naya, ove vigeva solo obbedienza agli ordini dei superiori, disciplina e amore patriottico.

Valori nazionali che oggi, in gran parte, non sono più tali, ma che tuttavia rappresentano testimonianze sempre valide di uno spaccato nazionale: per le nuove e future generazioni del nostro Paese.

Il libro suddiviso in 37 capitoli, con una appendice di testi di canzoni militari, si legge piacevolmente; ed è impreziosito “da aneddoti che segnavano un preciso periodo della vita di ogni giovane”, non esonerato dal servizio militare per inabilità o raccomandazione di italica ricorrente consuetudine!

Il testo di Giuseppe Oresti non smentisce, in determinati capitoli, la sua natura romantica” … il sole stava per tramontare e le rondini garrivano rincorrendosi nei suoi declinati raggi, mentre il tricolore scendeva lentamente ammaiando…”.

Questa è una fra le tante testimonianze, in chiave amorevole, nel secolo nostrano che pare abbia abbracciato la facile e gratuita improvvisazione e la superficialità.

Ove, di converso, il riscatto può alimentarsi mediante nuove letture e moderne sperimentazioni culturali.


Autore : Federico Hoefer

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