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Corriere di Gela | Da Gela a Bolzano, il fallimento della politica e avvento della tecnocrazia
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notizia del 17/11/2013 messa in rete alle 14:59:03
Da Gela a Bolzano, il fallimento della politica e avvento della tecnocrazia

La politica attraversa una crisi profonda, che riguarda la democrazia e la rappresentanza, il sistema dei partiti, il funzionamento delle istituzioni, la cittadinanza, la debolezza delle relazioni sociali. Dalla parte della società c’è il potere delle grandi imprese, della finanza, delle lobby, che negli ultimi trent’anni è diventato determinante nell’influenzare le scelte della politica, soprattutto sulle questioni europee e globali dove i processi democratici non sono mai arrivati. Una delle forme di svuotamento della democrazia è la trasformazione dell’attività di governo in governance, il passaggio dalla politica alla tecnocrazia, da deliberazioni istituzionali a decisioni affidate a “esperti” e soggetti privati. Troppo spesso la politica è stata ridotta a competizione elettorale e i partiti a macchine per vincerle. Esiste poi la dinamica specifica delle istituzioni e dell’amministrazione pubblica che ha il compito di tradurre le decisioni di governo in interventi concreti, realizzazioni di opere e servizi, norme da far rispettare, tutte attività che hanno una dinamica a sé, e presentano problemi capaci a volte di vanificare anche gli sforzi della miglior politica.

Anziché avere più potere di controllo sulle decisioni che riguardano la propria vita, per la gran parte dei cittadini c’è stata una sottrazione di potere, la rassegnazione a non disporre più di strumenti adeguati a ridurre l’incertezza sul proprio futuro, affermare i propri valori, proteggere i propri interessi. Un effetto della concentrazione di potere nella mani di grandi imprese e finanza. Questa è la globalizzazione nella sua versione iperliberista, che ha prodotto lo svuotamento del potere degli Stati nazionali e la guida da parte dell’Europa di elementi chiave della “Politica economica”.

Nel dopoguerra la tecnocrazia della Commissione europea sembrava essere una soluzione soddisfacente alla difficoltà di trovare accordi politici tra gli Stati sulla cessione di sovranità all’Europa. Tuttavia, per parecchio tempo i risultati positivi dell’azione europea ne hanno legittimato ex post le modalità d’azione non democratica. Ma con la crisi economica l’Europa ha messo in luce molte contraddizioni: da una parte la gestione della crisi ha aggravato l’assenza di democrazia e ha assegnato poteri fondamentali ai “tecnici” della Banca centrale europea e della Commissione europea, che hanno costretto i governi a seguire dure politiche di austerità; dall’altra parte, la gravità degli effetti della crisi ha eliminato ogni legittimità al potere tecnocratico di Bruxelles, come mostrato dai sondaggi d’opinione.

In Italia il governo Monti del 2011 rappresenta un simile allargamento del potere dei tecnici, ma il modesto risultato elettorale di “Scelta civica” al voto di febbraio 2013 pone in evidenza quanto sia illusorio pensare che il potere dei tecnici possa trasformarsi in modello per la politica. Un altro esempio, ancora più recente, di legittimazione al potere tecnocratico è rappresentato dalla “Legge di stabilità” del Governo Letta. Stiamo parlando dei regali fiscali di 19,4 miliardi dal 2015 al 2022 alle banche, di contro rileviamo soltanto una bassissima riduzione del cuneo fiscale pari a 1,5 miliardi (per i redditi annui da 15.000 euro, aumento di 14 euro al mese compresa la tredicesima!). Ennesimo regalo ai banchieri, responsabili della crisi sistemica, che hanno ricevuto come premio dalla Bce fiumi di denaro all’1 % utilizzati per riordinare le loro politiche fallimentari e non per elargire credito a famiglie e imprese. Tutto questo mentre da Gela a Bolzano i negozi continuano a chiudere, le saracinesche restano abbassate e i subentri si fanno sempre più rari anche dove le attività non facevano in tempo a cessare per essere subito sostituite.

Il cuneo fiscale nel 2012 è stato di oltre il 53 % del costo del lavoro, tra i più elevati nell’area OCSE, vale a dire che più della metà di quello che le imprese pagano ai lavoratori va nelle casse dello Stato. È necessario ridurre tale cuneo, eliminando il costo del lavoro dalla base imponibile IRAP e tagliando di almeno 10 punti gli oneri sociali che gravano sulle imprese. Stiamo attraversando un periodo di irregolarità costituzionale, dove il paese è essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente della Repubblica, dai diversi ministeri chiave e dalla Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’Ue e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Tutto ciò è stato realizzato emarginando sia i partiti politici che il parlamento a livelli senza precedenti, e con un forte interventismo, e costituzionalmente discutibile, del Presidente della Repubblica (vedi creazioni governo Monti e governo Letta).

Con meno poteri, meno spazio d’azione, minori risorse, e sempre più ottenute accumulando debito pubblico, la politica ha smarrito i propri obiettivi e ha perso buona parte degli strumenti d’intervento. È anche vero che un sostegno ad una politica più efficace può provenire solo da una classe politica più onesta e competente, da una pubblica amministrazione più professionale e meglio organizzata, dalla riduzione degli sprechi, da una più attenta valutazione delle politiche realizzate e dei loro effetti. Ma senza un recupero dello spazio della politica che le è stato sottratto dal mercato, senza l’affermazione della democrazia come principio e come pratica, senza un rapporto più stretto con la società è difficile attendersi un vero rinnovamento della politica e della sua capacità di ottenere risultati.
Alessandro Morselli
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Docente di Complementi di Politica Economica, Università di Roma “La Sapienza”


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