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Corriere di Gela | "Imago Mortis" Il passato ritorna
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notizia del 18/07/2009 messa in rete alle 14:36:19

"Imago Mortis" Il passato ritorna

Leggendo attentamente il contenuto del comunicato diffuso dalla Questura di Caltanissetta, concernente l'operazione “Imago Mortis” di inizio settimana, si avverte una strana sensazione: la descrizione degli eventi in esso presente si pone, infatti, quasi in disaccordo con la data riportata, lunedì 13 luglio 2009.
L'impostazione contenutistica insieme al burocratico lessico utilizzati ci trascinano indietro nel tempo di almeno venti anni, ossia ad una fase storica della città contraddistinta da uno scontro, finalizzato all'altrui sterminio, tra due fazioni criminali disposte a tutto pur di assicurarsi la definitiva presa di Gela.
Il gruppo di Giuseppe “Piddu” Madonia, interno a cosa nostra, contro quello composto da un insieme di “ribelli”, destinato ad essere descritto mediante l'uso della parola “stidda”; questo era, a quel tempo, l'agone essenziale, endemico alla criminalità locale, capace di riassumere tutte le fattezze di uno scontro militare, causa prima di 115 vite spezzate nel solo lasso di tempo intercorso tra il 1988 ed il 1991.
L'azione portata avanti dalla Squadra Mobile di Caltanissetta, coadiuvata dai Commissariati di P.S. di Gela e Niscemi, ha, dunque, messo in chiaro tutte le responsabilità inerenti il tentato omicidio di tre rappresentanti della “stidda”, Salvatore Bacarella, Marcello Orazio Sultano e Salvatore La Russa, verificatosi il 18 Marzo del 1989 presso una delle più frequentate arterie viarie dell'intero Comune.
Ad agire, secondo quanto sostenuto dagli inquirenti, fu una squadra di fedeli al capo indiscusso, Giuseppe Madonia, intenzionati a vendicare un affronto subito dal gruppo di appartenenza, sempre più convinto di poter sopprimere ogni forma di dissenso alla propria egemonia. La dinamica dell’agguato, condotto in un pomeriggio di marzo, non può totalmente comprendersi senza citare l’antefatto dal quale scaturì: il “bagno di sangue” patito dal nucleo familiare di Salvatore Polara, tra i leader di cosa nostra gelese, nonché titolare, insieme a Giuseppe “Piddu” Madonna, dell’azienda “Po.Ma.”, operante nel settore del movimento terra, attuato dai nemici della “stidda” nel Dicembre 1988. L’eliminazione di Polara, personalità di fondamentale spessore, rappresentò un avvertimento non indifferente anche per l’intoccabile Madonia; gli stiddari, infatti, dimostravano di aver conseguito una sicurezza tale da poter puntare alla presa del potere, mediante l’abbattimento dei vertici dell’avverso schieramento. La fazione colpita, però, non poteva consentire a nessuno di usufruire di una qualsiasi forma di impunità, pur se conquistata per il tramite della forza armata; a tal scopo la risposta doveva essere non solo immediata, bensì cruenta e destabilizzante: colpire i vertici dell’opposto fronte divenne un’irrevocabile priorità. Salvatore Bacarella e Marcello Orazio Sultano, insieme ai fratelli Di Giacomo, erano, in quel periodo, reclute tra le più temerarie della “nuova” mafia, conseguentemente esposti alle altrui mire; l’intera operazione di rivalsa venne pianificata da un vasto nucleo, comprensivo, tra gli altri, dei due Emanuele Argenti, di Carmelo Tasca, Vincenzo Minardi, Emanuele Iozza e Luigi Celona, capace di affidare il ruolo di esecutori materiali a taluni affiliati alla cosca di Niscemi, nella specie Nino Pitrolo e Lucio Accardi. L’esito non si rivelò affatto conforme alle aspettative: nessuno dei preventivati bersagli venne eliminato, ed addirittura neanche uno dei fratelli Di Giacomo fu presente, tanto da indurre i travisati attentatori a scaricare i propri colpi sulla sagoma di Salvatore La Russa. A distanza di venti anni, dunque, una tipica vicenda della faida di Gela ritorna in auge, soprattutto a seguito della collaborazione prestata da protagonisti attivi dell’allora contesto criminale (Emanuele Argenti e Luigi Celona su tutti), contribuendo a far rivivere anni durante i quali, l’esplosione di colpi di arma da fuoco e la presenza di corpi umani oramai inermi sulla pubblica via avevano assunto connotati di ordinarietà.
L’ennesimo “affronto” alla sacralità degli equilibri criminali locali non è affatto da trascurare, in quanto, anzitutto, di poco successivo allo smantellamento del clan del defunto Daniele Emmanuello, cagionato dall’operazione “Cerberus”, ed inoltre capace di rendere inoffensivo il nuovo patriarca di cosa nostra niscemese, Nino Pitrolo, esecutore delle volontà del boss Madonia; risultati da aggiungere, peraltro, all’arresto dell’ennese Salvatore Seminara, leader indiscusso delle organizzazioni della stessa provincia nella quale, oramai due anni addietro venne ucciso il latitante gelese Daniele Emmanuelo.


Autore : Rosario Cauchi

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