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Corriere di Gela | Intervista a tutto campo al sindaco Crocetta
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notizia del 07/03/2009 messa in rete alle 12:24:33

Intervista a tutto campo al sindaco Crocetta

– Allora Sindaco Crocetta, iniziamo partendo un po' da lontano: secondo lei, la crisi globale che stiamo attraversando ha delle ripercussioni anche sull'economia locale?
«Ci troviamo di fronte ad una crisi epocale, superiore a quella del '29, passata alla storia come la più grande crisi dell’era del capitalismo. In un passato più recente abbiamo avuto a che fare con il “crollo del muro di Berlino”, la fine della “guerra fredda” e dei due blocchi est ed ovest, più in generale la crisi che ha investito il socialismo e l'esperienza comunista. Ma quella attuale è una crisi ancora diversa, non essendo una di quelle crisi cicliche del capitalismo previste da Marx e Smith, né tanto meno a carattere ideologico. Quella di oggi è una crisi strutturale del sistema occidentale, causato da un indebitamento sfrenato che non trova giustificazione e copertura nell'economia reale. Per cui si realizza una discrasia tra flussi finanziari enormi ed una struttura economica che non regge a quei flussi: se si continua di questo passo a breve termine dovremo fronteggiare chiusura del credito, crollo degli investimenti, flessione dei consumi, calo occupazionale e via discorrendo; sebbene le ripercussioni a livello decentrato saranno più contenute, specie nel caso in cui le amministrazioni locali hanno investito sull'economia reale, nei lavori pubblici, come è avvenuto a Gela negli ultimi cinque anni, dove il Comune è stato il principale imprenditore ad agire nel territorio. Del resto, la Zona franca urbana e l'adozione del Piano regolatore generale – atti urgenti sul punto di partire – daranno impulso a nuova economia, attraendo nuovi capitali ed investimenti, favorendo così la fioritura di nuove iniziative imprenditoriali. Inoltre, negli ultimi mesi abbiamo recepito richieste provenienti da alcune imprese: il modello di legalità e sviluppo che abbiamo adottato sta favorendo investimenti. Ad esempio, per la costruzione della piscina comunale abbiamo raccolto l'interesse di privati; stesso dicasi nel campo del recupero ambientale; abbiamo richieste avanzate da diversi operatori con la prospettiva di alcune centinaia di posti di lavoro; c'è la precisa richiesta di una azienda giapponese che vuole investire nel nostro territorio con un centinaio di nuovi posti di lavoro, senza considerare l'indotto. Quindi, se altrove l'economia reale rischia lo sfascio, ove queste scommesse dovessero andare in porto, a Gela si sarà generato un meccanismo positivo in conseguenza di un modello che ha liberato l'iniziativa privata dalla mafia e dal malaffare, favorendo le imprese stesse. Viceversa, continuano a pesare alcuni vincoli generali all'azione amministrativa, come il Patto di stabilità, scelte centrali negative come l'abolizione dell'Ici e situazioni paradossali come quella che vede il comune di Gela vantare 14 milioni di euro di credito nei confronti di altri comuni del Nisseno in tema di discariche e che si traduce in ulteriore liquidità che ci è stata sottratta».
– Lei ha qualificato come moderna la leadership di Veltroni e ciò è stato uno dei motivi che lo hanno convinto ad approdare al Pd: il recente cambio di guardia con Franceschini alla guida del suo partito darà impulso al suo rilancio? E se si, perchè ed in che modo?
«Io penso che la leadership di Veltroni sia stata oggettivamente innovativa e moderna e, non a caso, ho definito Veltroni il più contemporaneo tra i politici nostrani. La sfida però che egli ha lanciato era troppo destabilizzante per il sistema attuale, pretendendo di andare oltre le ideologie e superare di scatto alcune componenti storiche della politica italiana. Ciò, con tutta evidenza, ha determinato forti resistenze al cambiamento sul piano non solamente teorico, giacché il passaggio dai partiti con una idendità ben precisa a partiti con idendità multiple non è per nulla semplice nella realtà dei fatti. Per intenderci, il Partito democratico statunitense ed il Partito laburista inglese non sono partiti come noi li conosciamo, ma confederazioni di partiti che vivono di un equilibrio interno difficilmente raggiungibile da noi nel breve termine, nonché caratterizzati da una coesistenza di componenti diverse che da noi necessita di un certo lasso di tempo per essere metabolizzata. Veltroni ha inteso accellerare i tempi e non tutti erano pronti: ad un certo punto non è riuscito più a gestire le spinte diverse e da uomo non di mediazione ha correttamente passato la mano. Credo che Franceschini possa gestire molto bene questa fase di transizione fino ad nuova sintesi, ad una nuova composizione che dovrà essere il frutto dello sforzo di tutti i gruppi dirigenti, comprendendo che quando si proviene da storie personali diverse, le differenze di vedute ci possono stare ed anzi vanno viste come una ricchezza e non come una zavorra, specie nel caso di questioni etiche come quella recente di Eluana Englaro che ha visto divisioni trasversali e che mi fa dire che, forse, la politica dovrebbe interessarsi ed intervenire meno in fatti che dovrebbero rimanere privati». – Il governo della Regione sembra oramai un fortino del centro-destra che il centro-sinistra pare ancora lontano dall'espugnare: ma è proprio così vincente la politica di Cuffaro prima e di Lombardo oggi, o è l'opposizione che non riesce ad essere credibile e quindi capace di invertire questa tendenza? E perchè?

«Il problema storico della sinistra che non è mai vincente in Sicilia deve essere affrontato con severità da parte delle forze del centro-sinistra. E' evidente che la mancanza da sempre in Sicilia di una alternativa governativa di sinistra costituisce un'anomalia. C'è un sistema di potere talmente ramificato e strutturato che il voto d'opinione non trova spazio alcuno ed i voti sono già in partenza organizzati: solo nel momento immediatamente successivo alla stagione delle stragi di mafia questo sistema è entrato un po' in crisi con la presenza di amministrazioni di centro-sinistra, quasi in tutte le più grosse città dell'isola e le esperienze di Orlando e Bianco fra tutte. Oggi, fra le poche eccezioni c'è Gela. La questione è che in Sicilia non sembra esserci una borghesia democratica, o per lo meno sembra essere scomparsa alle urne, così come soprattutto il sottoproletariato urbano. Ma il vero problema è quello di essere una alternativa di governo credibile, cioè diversa nei metodi e nelle azioni da chi governa. Una diversità democratica, costruita giorno per giorno con una opposizione che non grida “al lupo al lupo” ma che si confronta ed è propositiva. Onestamente non mi sento di mettere sullo stesso piano Cuffaro e Lombardo nel senso che quest'ultimo ha manifestato qualche segno di discontinuità con il passato ed è un peccato che il suo movimento autonomistico anziché antitetico sia invece alleato con la Lega di Bossi e con un governo nazionale che sta colpendo il mezzogiorno e la Sicilia, a cui ha già quasi sottratto tutti i fondi. Io ritengo che il miglior alleato del MpA non sia il centro-destra, bensì il centro-sinistra. Parimenti ci sono settori del Udc, vale a dire alcune personalità dotate di cultura democratica, che oggettivamente non possono stare con Bossi. Uno schieramento alternativo credibile è quello che fa del modello “Legalità e Sviluppo” il suo punto di riferimento nella battaglia democratica per rialzare le sorti del meridione e della Sicilia».
– C'è l'on. Donegani che, dopo l'ultimo flop del Pd in Sardegna ed il conseguente cambio di leadership a livello nazionale, chiede l'azzeramento delle rappresentanze dirigenziali anche in provincia; mentre il coordinatore provinciale (che doveva essere pro tempore) on. Speziale non è dello stesso avviso e dice che, in un momento così delicato, piuttosto bisogna continuare a lavorare per restituire vigore al partito: lei quale delle due posizioni condivide?
«Io non ho la missione di parlare in questo momento: sinceramente anzi, reputo che la principale missione che debba avere in questo momento è quella del silenzio. Entro da poco in un nuovo partito e ne sono un nuovo iscritto. Soprattutto, non sono un uomo di divisioni, rifuggo dalle contrapposizioni e posso assicurare da subito che non aderirò ad alcuna corrente del Pd, perché semplicemente sono contrario alle correnti. Io sono per il dibattito libero, non organizzato o precostituito. Sarei ipocrita nel non ammettere che con l'on. Donegani rimane un legame per aver condiviso quattro anni e mezzo di esperienza amministrativa, ma al di là di questo è chiaro che va trovata una sintesi che riconosca i ruoli istituzionali e sia Donegani che Speziale hanno un ruolo fondamentale. Io voglio lavorare per l'unità ma non posso negare che nel Pd ci sia un problema generazionale e di valorizzazione dei giovani. Occorre lavorare per favorire l'ingresso di giovani leve perché un partito non cresce senza ciò».
– Veniamo a Gela e della sua annunciata candidatura alle prossime Europee. Pensa che siano maturi i tempi per una inversione di tendenza, e più precisamente, ritiene davvero che un sindaco siciliano bandiera dell'antimafia possa trasferire in un consesso così vasto una problematica che, a rigore, rigarderebbe più l'Italia che l'Europa?
«Non sono d'accordo che la mafia non sia una problematica anche europea: anzi per certi versi lo è ancora di più e posso dire che insiste una certa sottovalutazione del problema delle mafie. Quando in Germania, nel settembre del 2007, avviene una sanguinosa strage ad opera della 'Ndrangheta in un ristorante dove vengono uccisi sei calabresi, è un po' come quello che avveniva negli anni '90 a Gela con la sola differenza che qui il pericolo era da tempo avvertito in tutta il suo potenziale, mentre in Germania fino a quel momento no: ma l'esperienza ci insegna che fare stragi implica che si è organizzati e radicati nel territorio. Non è poi un mistero che la mafia opera anche in Germania, in Francia, in Inghilterra e negli altri paesi europei. Altresì, l'apertura ai paesi dell'est europeo ha favorito l'ingresso di organizzazioni criminali mafiose spaventose ed ancor più abituate all'impunità: basti pensare al lituano che doveva trovarsi a Gela nel dicembre del 2003. Voglio anche ricordare che nel 1989, all'indomani della caduta del muro di Berlino, nessuno in Germania si accorse che le mafie (siciliana, calabrese, campana) stavano comprando proprietà immobiliari di mezza Berlino est, con fuga di capitali dall'Italia. Il problema è reale ed urge una legislazione europea adeguata. Io non sono abituato ad autocandidarmi, né tanto meno a dare calci per questa candidatura. So fare bene il gioco di squadra e mi piace la progettualità condivisa, ma in ogni caso ritengo che la presenza di un sindaco siciliano antimafia potrebbe significare molto per questa terra, battendosi per gli investimenti reali. L'Europa finanzia troppo manifestazioni, tavole rotonde o convegni ed anche Gela non ne è stata esente, in quanto come si suol dire “a caval donato non si guarda in bocca”. Ma è più importante riformare il tipo di spesa europea, renderla più concreta nella fruizione dei comuni, sostenendo ad esempio l'occupazione e la difesa dei più deboli o favorendo la qualificazione urbana. Se dovessi essere candidato, insomma, il mio programma elettorale consisterebbe semplicemente di questi tre punti: sviluppo e legalità, solidarietà sociale e riqualificazione delle aree del mezzogiorno d'Europa».

– Andando più addentro alla questione, lei pensa che Gela, il suo territorio e più in generale la Sicilia, possano trarre dei vantaggi concreti da una sua eventuale elezione al Parlamento Europeo?
«Le rispondo brevemente. Gela, i comuni vicini e la Sicilia troverebbero un leale difensore, che si impegna ed è abituato a lavorare senza sosta, intransigente, che sa mediare quando è necessario, che sa dire di no quando è altrettanto necessario, che porta fino in fondo le sue battaglie: e quindi battaglie di sviluppo come il porto nel golfo, le grandi infrastrutture e tutte quelle questioni, per lo più strutturali, che non riusciamo a dirimere con le nostre forze e per le quali c'è bisogno dell'Europa. Mi riferisco in particolare al risanamento ambientale, alla problematica delle strutture idriche ed altre questioni fondamentali che possono trovare una risposta con i fondi comunitari ed una nuova legislazione europea».
– La maggioranza che lo ha sostenuto alle ultime elezioni comunali sta perdendo “cespugli” strada facendo ed i suoi rapporti con le forze politiche alleate non sembrano così idilliaci. Se la sua politica non è compiutamente condivisa nella sua città, come pensa eventualmente di sfondare alle elezioni di giugno, per le quali è necessario un consenso più largamente diffuso?
«Francamente la mia politica non è stata mai condivisa e non ho mai avuto una vera maggioranza consiliare. Sinceramente non l'ho avuta neanche quando ero candidato per la prima volta a sindaco. Posso dire di aver avuto sempre il consenso dei cittadini. Ammetto che c'è una sostanziale differenza fra la mia prima legislatura e quella attuale. Durante il primo mandato, non essendoci una maggioranza di centro-sinistra in consiglio comunale, in qualche modo ho pensato di fare a meno dei partiti alleati, trovando di volta in volta la maggioranza nel civico consesso per l'approvazione degli atti e sostanzialmente mi sono rivolto direttamente ai cittadini. Nella seconda legislatura, con la coalizione a sostegno che è diventata anche maggioranza in consiglio, ho ritenuto giusto inaugurare una politica diversa all'insegna della condivisione con gli alleati: sta di fatto che o non sono stato chiaro o non sono stato capito, perché ogni mio sforzo a trovare un consenso nella politica adottata è stato inutile e lo vivo con molta amarezza e dispiacere perché considero l'unità un valore: spero che ci siano ancora i termini per una ricomposizione di un alleanza credibile tenendo presente che la politica e l'amministrazione attiva hanno ruoli distinti con quest'ultima che è qualcosa di diverso perché ha a che fare e si scontra con i problemi reali. Ritengo che la mia amministrazione abbia operato con un attivismo senza precedenti e con risultati senza precedenti a fronte dei quali alcuni attacchi ricevuti non mi sembrano corretti. Ciò non toglie che in democrazia bisogna rispettare tutte le posizioni, anche quelle fortemente critiche, però un invito all'unità lo voglio ancora reiterare anche se dovesse non sortire alcun effetto e lo estendo anche all'opposizione, perché continuo a sostenere che un sindaco di una città debba rappresentare tutti i cittadini e debba mostrare questa tipo apertura con tutti nell'interesse comune».
– La politica gelese è ultimamente caratterizzata da una litigiosità esasperata che crea nella cittadinanza un senso di smarrimento ed un certo grado confusione, in cui trovano terreno fertile sospetti e accuse su presunti inciuci o condotte, comunque, poco qualificanti sul piano dell'etica politica. Secondo lei a chi giova questa situazione e se non pensa che in questa fase della vita politica, economica e sociale del territorio, invece, sia indispensabile che la politica dia per prima esempio di unità a tutti i livelli, per meglio fronteggiare la crisi che sta attanagliando un po' tutte le amministrazioni locali?
«Innanzitutto, la litigiosità non è una caratteristica peculiare gelese o siciliana ma accade anche da altre parti: valga per tutti l'esempio recentissimo della Sardegna. E’ indubbio che questo clima litigioso danneggi solo la città ed i cittadini. Dobbiamo essere capaci di più unità, di più sintesi. Dobbiamo essere tutti capaci di rinunciare ad abbandonarsi a pregiudizi abnormi ovvero ad interpretazioni che non corrispondono minimamente alla realtà. Dobbiamo essere sempre pronti e disponibili al dialogo ed apprezzo alcuni nuovi passaggi che si stanno verificando, ma di certo non mi farò mai trascinare nelle polemiche che non appartengono alla mia cultura e nelle beghe che non servono al bene della città».
– Mi sembra oltremodo chiaro che lei voglia dare un preciso messaggio a tutte le forze politiche, di maggioranza ed opposizione, lanciando un vero e proprio appello per favorire l'unità d'intenti, nell'interesse collettivo della comunità amministrata. Mi sbaglio?

«Non si sbaglia affatto. Il messaggio è chiaro: unità fra gli alleati e dialogo con gli avversari perché si lavora, tutti, nell'interesse della città. Abbiamo tutti l'interesse ad avere l'acqua tutti i giorni. Abbiamo tutti l'interesse a negoziare il recupero ambientale, non la chiusura della fabbrica, ma la bonifica dell'ambiente. Abbiamo tutti l'interesse ad accellerare le opere pubbliche. Abbiamo tutti l'interesse a mettere in campo un risanamento della macchina amministrativa. Prendo quest'ultimo esempio e le dico che ho ereditato una macchina burocratica, specie nelle fasi procedurali, in cui il condizionamento mafioso era evidente ed è stato ampiamente riconosciuto; orbene questa macchina l'ho liberata, l'ho depurata, ma ciò non equivale a dire che ora è tutto a posto e che va tutto bene: ciò che voglio dire è che, come per le opere pubbliche, stiamo parlando di processi che si avviano e concluderanno un percorso durante gli anni a venire. Il riassetto idrico o il risanamento di interi quartieri abusivi, per fare altri esempi, non si possono fare istantaneamente come se agissimo con una bacchetta magica ed hanno bisogno di tempi di maturazione. La politica deve responsabilmente essere in grado di riconoscerlo e non assumere pretestuosi atteggiamenti che hanno solo finalità strumentali.
– Ultima domanda. Nel caso di una sua elezione al Parlamento Europeo e nell'ipotesi che debba lasciare la sua carica anzitempo per sopravvenuta incompatibilità, dev'essere lei a designare l'eventuale candidato a succederle della coalizione di centro-sinistra, o i partiti rientranti nella coalizione stessa?
«Io sono l'anti-potere per eccellenza. Infatti fatico a volte a rivedermi nelle varie classificazioni che mi si vorrebbero dare. Io sono una persona che si fa dare del tu da tutti i cittadini e metto spesso in discussione i meccanismi del potere: non sono nella mia indole e nella mia cultura politica. I monarchi nominano i loro successori e quando non sarò più sindaco sarò il cittadino Rosario Crocetta che porterà rispetto e collaborazione al sindaco della sua città perché una sola cosa amo veramente: la mia città. Ecco perché amo definirla “la città più bella del mondo” pur andando incontro a diverse critiche. Ma quando lo dico non voglio negare i problemi: voglio solo lanciare ai gelesi un messaggio di riscatto ed orgoglio contro l'immagine della città mafiosa e devastata dal male. Gela e i gelesi hanno l'orgoglioso dovere, oltre che il dignitoso diritto di uscire da quest'incubo. Io credo che spetti alla coalizione indicare un eventuale nuovo candidato a sindaco, fermo restando che anche in caso di elezione, non abbandonerò la carica di sindaco avanzando l'incostituzionalità di una norma che mi costringe a dimettermi non per ineleggibilità ma per incompatibilità, poiché non capisco la “ratio legis” che ammette l'ipotesi di un presidente della provincia che sia anche parlamentare regionale, ma non già di un sindaco che sia anche parlamentare europeo: e mi batterò per concludere il mandato fino alla naturale scadenza. Purtuttavia, ho lanciato un metodo che è quello della legalità e della trasparenza legate intimamente allo sviluppo: chiunque si candidi a succedermi e lancerà qualsivoglia messaggio relativo ad un sostanziale passo indietro in tal senso, troverà in me un acerrimo oppositore. Nel momento in cui il candidato emergerà da un dibattito interno democratico e trasparente, lavorerò lealmente per il candidato individuato dalla coalizione anche quando – e ci tengo a ribadirlo – la scelta dovesse ricadere su chi mi ha avversato in questi anni».


Autore : Filippo Guzzardi

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