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Corriere di Gela | Su Ratzinger, Pera, la verità e il relativismo
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notizia del 30/04/2005 messa in rete alle 12:17:25
Su Ratzinger, Pera, la verità e il relativismo

Una delle questioni – la si potrebbe definire anche “ossessione” – più ricorrenti negli ultimi scritti e discorsi di Joseph Ratzinger, dal 19 aprile Papa Benedetto XVI, è quella della presunta “dittatura del relativismo” nel mondo attuale. Ora, a parte il fatto che fa un po’ ridere sentire questa espressione da un “semplice e umile lavoratore della vigna del Signore” che in cuor suo sogna la Dittatura Mondiale del Cattolicesimo, vorrei a questo proposito dire qualcosa sul più sintomatico esempio di voltafaccia filosofico e asservimento politico-ideologico cui mi sia capitato di assistere negli ultimi tempi. .
Mi riferisco a Marcello Pera, (ex?) filosofo della scienza di formazione popperiana e attualmente Presidente del Senato, nonché amico di penna e di pensiero di Ratzinger. .
Lo scorso anno i due, un sedicente laico e razionalista critico e un teologo già a capo di quello che una volta era il Sant’Uffizio, hanno pubblicato un libro a quattro mani, Senza radici , in cui espongono la loro posizione in materia di Europa (condannando, manco a dirlo, l’assenza del riferimento esplicito alle radici cristiane nella Costituzione europea), Islam (sostenendo idee simili a quelle di Oriana Fallaci, ma arricchendole di riferimenti teologici estranei alle argomentazioni dell’‘atea cristiana’, come lei stessa si è definita ne La forza della ragione), Cristianesimo e, naturalmente, Relativismo. Proprio per questo, la sera dell’elezione al soglio pontificio del Cardinale Ratzinger, Pera è stato uno dei più gettonati e intervistati dai giornalisti. Mi risulta infatti una intervista alla radio del Vaticano e personalmente l’ho visto in televisione al Telegiornale de La7 e con un quanto mai estasiato e untuosamente ossequioso Bruno Vespa, che ormai, a causa delle emozioni religiose a raffica che lo stanno investendo in queste ultime settimane, è sull’orlo di una crisi mistica.
Naturalmente, che un teologo fondamentalista e integralista (peraltro dottissimo) tuoni contro il relativismo, cioè contro l’idea che non esista una verità assoluta perché ogni sistema di credenze ha dei propri criteri di verità irriducibili a quelli degli altri (con tutto ciò che ne consegue sul piano etico, visto che anche i valori diventano soggettivi e ingiudicabili dall’esterno), e attribuisca alla Chiesa il possesso dell’Unica Verità, è perfettamente comprensibile, perché egli fa semplicemente il suo mestiere di settario fanatico. .
Ma che su questa linea lo segua un filosofo della scienza allievo di Karl Popper (una cui foto campeggia nel suo studio), è una cosa che mi appare particolarmente sconcertante, anche perché al pensiero di Popper, anch’esso incentrato su una dura critica al relativismo, sono molto legato anch’io. Il fatto è però che Pera, che conosce molto bene il pensiero popperiano (lo so perché in passato ho dovuto leggere anche i suoi saggi su Popper, mentre scrivevo i miei), usa argomenti razionali contro il relativismo solo nella pars destruens, mentre nella pars construens aderisce fideisticamente e integralmente alla Dottrina di Ratzinger, soprattutto laddove sostiene la tesi apocalittica e profetica (del tipo di quelle che il suo Maestro, autore della Miseria dello storicismo , aborriva) che l’identità e il destino dell’Europa sono legate al riconoscimento delle sue radici cristiane, da sventolare fieramente come una bandiera contro la minaccia esterna dell’Islam e il pericolo interno del relativismo. Evitando di entrare nella questione della sostenibilità storica di questa tesi (il grado di consenso alla quale è non a caso inversamente proporzionale alla distanza in chilometri dalle mura vaticane, come hanno dimostrato gli estensori della Costituzione europea), ritengo più opportuno sottolineare il fatto che essa puzza di basso opportunismo politico, essendo purtroppo ben noto che in Italia, dal 1948 in avanti, se non addirittura sin dal 1913, anno delle elezioni politiche svoltesi all’insegna del famigerato “patto Gentiloni”, nessuno, per quanto dichiaratamente laico e liberale, comanda o mantiene il comando se non è amico della Chiesa. Vale la pena ricordare, infatti, che Pera è diventato Presidente del Senato in primo luogo grazie al suo arruolamento nella truppa berlusconiana, notoriamente vicina agli esponenti più conservatori della gerarchia ecclesiastica. Non bastavano, dunque, i ministri della Repubblica Rocco Buttiglione, il filosofo cattolico esegeta e portavoce in Parlamento (vedi legge sulla fecondazione assistita) del pensiero di Wojtyla e di Ratzinger, e Letizia Moratti, che vuole imporre alla scuola italiana un modello cattolico-manageriale di istruzione ispiratole dalla simultanea devozione alla Chiesa e a Berlusconi: ci mancava pure che il ‘laico’ Presidente del Senato ostentasse tutto il suo sodalizio intellettuale con il nuovo Papa. Il che, unito ai “fervidi voti” spediti da Ciampi a Benedetto XVI a nome di tutti gli italiani e alla totale trasformazione della televisione pubblica (del Governo) e privata (del Capo del Governo) e di molti giornali in Ufficio Stampa del Vaticano, equivale a fare dell’Italia, o se non altro della sua rappresentazione politica e mediatica, uno Sato confessionale, alla faccia della Costituzione e della revisione dei Patti Lateranensi voluta vent’anni fa dal Governo Craxi (che ora ci tocca persino rimpiangere per la sua serietà istituzionale nella difesa della laicità dello Stato).
Tornando al relativismo, va ricordato che a partire da Platone (cfr. il Protagora), molti grandi filosofi lo hanno combattuto, e nel XX secolo sono stati soprattutto Popper (cfr. ad es. l’Appendice al vol. II de La società aperta e i suoi nemici) e Hilary Putnam (cfr. ad es. il cap. V di Ragione, verità e storia) a formulare contro di esso gli argomenti logici ed epistemologici più consistenti. Tutto questo Pera lo sa molto bene, ma ultimamente la sua infatuazione ratzingeriana gli ha fatto dimenticare che per costoro, e in particolare per Popper, la falsità del relativismo non implica affatto la verità della Dottrina della Chiesa. La verità, infatti, non è un insieme di dottrine rivelate, né un predicato di Dio, ma semplicemente una proprietà di enunciati, e in particolare delle tautologie logico-matematiche e di quegli enunciati empirici che corrispondono ai fatti. Tra l’altro, per quanto riguarda questi ultimi, questa è solo una definizione di verità, e non già un criterio per il suo riconoscimento infallibile, dal momento che è logicamente dimostrabile che nessun enunciato empirico è verificabile in via definitiva (figuriamoci quello che asserisce l’esistenza di Dio o la presenza dello Spirito Santo nel Conclave). Da ciò segue che la verità oggettiva e assoluta è solo un ideale regolativo costitutivamente irrangiungibile per chi cerca di conoscere il mondo attraverso teorie e spiegazioni relative ai fenomeni fisici, psichici, storici, ecc. (Chi invece ha psicologicamente bisogno di risposte consolatorie, certe, indiscutibili e mitologiche, ha l’amorevole soccorso dell’oppio della fede). Da questo punto di vista, la pretesa di chi, come Ratzinger, combatte il relativismo in nome della verità rivelata e custodita dalla Chiesa, è da considerarsi filosoficamente assurda, posto che ancora, in mezzo a questa ubriacatura mediatica neoguelfa seguita alla morte di Wojtyla, si abbia la forza intellettuale autenticamente laica di sostenere che, nella difficile e forse vana ricerca della verità, l’uomo è solo con la sua razionalità e la sua buona volontà, e non ha alcun bisogno di un Dio che sveli a pochi eletti le regole del gioco del mondo.


Autore : Marco Trainito

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