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Corriere di Gela | Siamo sempre un paese di poeti santi e navigatori (e meno male...)
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notizia del 26/06/2004 messa in rete alle 11:19:26
Siamo sempre un paese di poeti santi e navigatori (e meno male...)

In un’epoca come l’attuale degradata da pornostar e “veline”, no global e attentati dinamitardi, aborti alla rinfusa e corruzione, e chi più ne ha più ne metta, c’è ancora posto per il romanticismo?
La domanda, direbbe qualcuno, sorge spontanea.
E che dire della poesia? I poetini ed i poetastri pullulano. Non c’è ormai paese grande o piccolo che non abbia, a scadenze fisse o variabili, i suoi concorsi con la partecipazione di una pletora di grandi e piccini per aggiudicarsi una medaglietta o un diplomino di carta riciclata o, per i più fortunati, in pergamena.
Per un giorno di “gloria” le associazioni “culturali”, le scuole di ogni ordine e grado, i club service, i centri religiosi, fanno a gare per superarsi ed assumere i connotati di mecenati della cultura.
Maestri, professori, alunni, presidenti di associazioni politiche, laiche e religiose sono presi da una incontenibile smania di apparire.
A distanza di ventiquattro ore è tutto dimenticato. Cosa rimane della poesia letta, declamata, cantata, mimata? Nulla!
Forse rimane una fotografia ricordo od un nastro registrato dai parenti più stretti, o da una televisione locale a corto di notizie. Ma l’epoca è questa.
Tutta questa moltitudine di cantori, sparsa da Bressanone a Marsala, legge i libri di poesia e conosce la loro origine?
Il compianto preside Nicolò Di Fede (Nicolino per gli amici) nella sua “La ballata tedesca – da Gleim a Schiller”, risalente al 1952, fornisce una interpretazione accattivante e cattedratica nella formulazione della poesia e, soprattutto, della sua origine. Perché si tratta della più antica delle arti, la più elevata e spontanea manifestazione del pensiero e del sentimento. Tecnicamente si può dire che, in linea di massima, la poesia di ieri e di oggi si esprime mediante allegorie con una struttura ritmo-musicale: il verso. Si possono circoscrivere a tre le principali forme di poesia: la lirica, l’epica e la drammatica.
In contemporanea si sviluppa la poesia religiosa che dura fino ai giorni nostri attraverso i versi scritti dall’attuale Pontefice Karol Wojthyla: che ha saputo conciliare il novo governo carismatico con i versi iniziati a scrivere in Polonia fino a quelli maturati a Roma.
La forma lirica ha subito tutta una serie di trasformazioni e di “correnti”; eppure si può ritenere sempre attuale quanto ha scritto il gelese Nicolò Di Fede.
“La poesia nasce nell’uomo attraverso un processo spontaneo ed interiore, ma è influenzata sempre dall’esterno, dal contatto dell’uomo con la natura”.
Poi segue un processo di elaborazione che si concreta in parole musicali, in frasi ritmiche o meno ritmiche come avviene nella poesia moderna e sperimentale. In ogni caso nasce così la poesia, nella sua semplicissima forma che pure abbraccia tutto il mondo e la sua esistenzialità. Nella poesia di tutti i tempi il tema predominante è sempre l’amore.
L’amore per la madre, per la donna o l’uomo del cuore, per la pace nel mondo, per un canarino o per un gabbiano che solca libero i cieli, e via di seguito.
Per il nostro Gianni Virgadaula, nel risvolto di copertina della silloge “Sottopelle” della gelese Maria Antonietta Coniglione (edizioni Endas, Catania, 1955), parla di amore gioioso, ma anche “tormentato, ora platonico, ora carnale, ora tenero oppure metafisico”.
Certo si è che la poesia possiede un bacillo: la forza e la capacità di emozionare, sempre.
Sarà forse per queste ragioni che nel nostro Paese esistono più poeti, santi e navigatori che altrove.


Autore : Federico Hoefer

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