 |
notizia del 17/10/2010 messa in rete alle 18:28:46
Tanti sacrifici e nessun lavoro
Gela non è solo il teatro infausto del precariato e di chi afferma continuamente che “la situazione è complicata”, ma è soprattutto il tavolo delle feste e delle manifestazioni, dove attorno trovi sempre la gente che conta mentre da lontano la città piange i suoi figli più sfortunati. Finora politiche di rinnovamento e di riscatto ne ho potute intravedere ben poche, nonostante l’afflusso dei sapienti con lauree da brivido e quel titolo di “dottore” pronto ad essere esibito in occasioni di strette di mano o fuggevoli complimenti.
Vorrei allora precisare che la laurea è un titolo di studio e, come il diploma, serve per trovare un lavoro, non per mettersi al primo banco o per sfoggiare chissà quale potere.
E non mi vergogno di essere figlio di un operaio, di un uomo giusto e buono che per 35 anni si è fatto il “mazzo” per mantenere i suoi cinque figli e ha permesso all’ultimo (cioè il sottoscritto) di studiare, nonostante le enormi difficoltà economiche. Non mi vergogno di affermare le mie debolezze, così come non mi vergogno di dire che a casa mia ho visto mia madre piangere perchè non riusciva a stare dietro a tutto.
Non mi vergogno neanche di aver sognato una vita migliore. E ora, dopo tanta sofferenza e innumerevoli sacrifici, nessun lavoro. E’ vero, non ci sono soldi, non c’è sviluppo e l’offerta è scarsa. Ma un paese che si rispetti non può andare avanti dietro stucchevoli promesse o concertini di rito. Mi dispiacerebbe pensare che non riesco a sistemarmi perchè non ho “santi” in paradiso o il potente di turno a portata di mano. E poi, dopo un’attenta riflessione, mi chiedo: ma è giusto che io, onesto cittadino, con diversi diplomi in tasca, debba elemosinare un diritto garantito dalla stessa Costituzione? Eppure, non sono scemo! No, io credo che la verità sia un’altra. La verità la vedi in coloro che ti lanciano occhiate di disprezzo perchè non sei benestante e non puoi permetterti un tenore di vita adeguato. E ciò mi rattrista, perchè a scuola, molti anni addietro, mi avevano insegnato che il servizio sociale era “il punto più nobile della solidarietà, un’ancora di salvezza per i più deboli”. Purtroppo, in questo mare tempestoso, io di ancore non ne vedo neppure mezza. E a Gela vige dunque la regola del più forte. Devo dunque essere soltanto io a vergognarmi? Forse la risposta c’è, ma devo tornare a frugare nel dimenticatoio, in mezzo ai tanti malanni di questa città spiazzata e buia.
Autore : Marco Di Dio
» Altri articoli di Marco Di Dio
|
|
 |
In Edicola |
|
Cerca |
Cerca le notizie nel nostro archivio. |

|
|
|
|