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notizia del 22/12/2008 messa in rete alle 21:50:36

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Il maestro Di Geronimo geniale, umile e buono
“Certamente geni si diventa e non si nasce”: questo ricorda la critica d’arte Angela Vettese, ma nel caso del nostro caro maestro Nannino Di Geronimo (nella foto) è proprio il contrario. Egli nasce con la musica nel sangue, lui stesso era musica; mentre suonava riusciva a trasmettere emozioni che toccavano tutti indistintamente. Il motivo principale per cui egli è ancora ricordato con tanto affetto non è solo per le sue doti artistiche, ma perché riusciva sempre a dare il meglio di sé, con tanta passione e impegno, per l’umiltà e la bontà d’animo che lo contraddistinguevano. La sua reputazione ha contribuito a dare l’avvio alla più rilevante trasformazione della vita musicale gelese negli anni ’50-’60. Tale trasformazione è consistita da una parte nell’affermarsi di numerosi complessi in un periodo in cui le band musicali erano di moda, dall’altra nell’affermazione e nello sviluppo della musica leggera nel nostro territorio.
Proveniente da una famiglia di musicisti (il padre suonava la tromba e il fratello Nello era un affermato jazzista), a quattro anni suonava già la batteria. A sette suonava egregiamente il violino tanto che gli venne coniato il soprannome di “piccolo Paganini”. Successivamente Di Geronimo inizia a dilettarsi con altri strumenti, tra cui la fisarmonica e la chitarra con la quale le sue doti artistiche emergevano in special modo. Mosso dall’intento di importare dei veri talenti in Svizzera, nel 1952 Nello Di Geronimo (uno dei primi musicisti ad importare il jazz in Europa e che già da tempo lavorava in Svizzera), fa arrivare il fratello Nannino. Questi vi rimane fino al 1955 riscuotendo un enorme successo sia nelle serate danzanti in cui si ritrovavano molti giovani, sia nei the danzanti, molto in voga in quel paese. Assieme a lui, si esibivano altri musicisti italiani, soprattutto siciliani. In una lettera indirizzata alla moglie, Di Geronimo racconta delle sue serate danzanti col “Trio Tusa” scrivendo: “Certe volte il ballo si prolunga e suoniamo solo in tre per non fare troppo chiasso; solo strumenti a corde e non a fiato. La mia chitarra è quella di Nello ed è elettrica. Piace a tutti e gli applausi non mancano mai”. La chitarra a cui Di Geronimo si riferisce è quella jazz, importata dall’America dal fratello e ancora sconosciuta in Europa. Ritornato in Italia, inizialmente si dedica all’insegnamento arrivando ad avere più di duecento studenti tra ragazzi e gente adulta che voleva far musica solo per il piacere di saper suonare una canzone senza voler fare della musica il loro futuro. Suo desiderio e obiettivo principale era quello di trasmettere ai suoi allievi la vera essenza della musica e di fare di Gela il regno della musica leggera.
Con Di Geronimo nacquero molti complessi tra cui gli indimenticabili Topolini, primo complesso a Gela formato da bambini. Quelli erano anni caldi a Gela dal punto di vista musicale – ci racconta Pino Mallo, chitarrista dei Topolini e nipote di Di Geronimo –, anni in cui a Gela sono nati molti complessini. Noi giovani eravamo attratti dalla musica, e mio zio rappresentava l’occasione per imparare i rudimenti della musica e buttarci subito a suonare per il solo piacere di farlo. Per formare un complesso non era necessario diplomarsi in strumento: era sufficiente avere una conoscenza generale, avere lo strumento e suonare. Quando io e gli altri membri dei Topolini iniziammo ad esibirci, avevamo poco più di nove anni. Mio zio rappresentava per me e per i tanti allievi che aveva un modello da seguire. Per i primi tempi, come Topolini, facevamo da intermezzo durante le sue serate: un’occasione per farci conoscere a poco a poco. Intorno al 1958 Di Geronimo apre il suo negozio di articoli musicali con un assortimento di lp di musica jazz: una novità che a Gela ancora mancava, visto che il jazz in Italia era ancora agli albori. In quegli anni si aggrega a diversi complessi, tra cui gli Zerosei. Tra i tanti musicisti con cui Di Geronimo si è esibito, Pino Marù è stato quello con cui più riusciva a fare spettacolo. Tra i due correva una silenziosa competizione dovuta anche al fatto che entrambi si alternavano tra la chitarra e il pianoforte. “Effettivamente una sorta di competizione esisteva – ci racconta la figlia Marisa – ma sicuramente non partiva da mio padre. Lui era molto umile, non si sentiva superiore a nessuno. Quello che diceva sempre è che in musica non esistono primi posti: si deve cercare di dare sempre il meglio di se stessi, e suonare per sé e per gli altri. Questa competizione ‘nascosta’ veniva sentita dal pubblico che si divertiva a fare gareggiare i due maestri con la fisarmonica. Allora mio padre si convinceva a partecipare a queste sorte di gare solo per gioco e iniziava a suonare la fisarmonica posizionata dietro le spalle. A quel punto il pubblico impazziva e non smetteva di applaudire”.
Successivamente Di Geronimo forma un suo gruppo musicale, “ I Premier”, formato da Francesco Cacciatore (tastiera), Ettore Cacciatore (basso), Perna (chitarra), Bunetto (batteria), Egisto Artale (vocalist) oltre che da Di Geronimo in cui suonava la chitarra. Nell’arco delle sue serate che si svolgevano presso il Lido, riusciva sempre ad intuire i generi preferiti dal pubblico, accontentando così tutti. Quando iniziava le sue acrobazie con la chitarra, suonando con un bicchiere, la gente che era intenta a ballare si fermava e si posizionava attorno a lui creando un cerchio: una volta spronato, iniziava a dare il meglio di sé suonando la chitarra con i piedi o da dietro le spalle. Uno spettacolo che lasciava i presenti sbalorditi e divertiti. Oltre ai generi che in quel tempo dominavano il panorama musicale nazionale, un piccolo spazio spettava al jazz che in quegli anni differiva da quello che si ascolta oggi; era più vicino al blues e quindi più facile all’ascolto e facilmente apprezzabile. Il nostro musicista si divertiva a fare con la sua chitarra variazioni partendo da una semplice linea melodica e allettando chi lo stava ad ascoltare. Ma il nostro musicista non smetteva mai di stupire: attorno al 1960 si presenta con uno strumento insolito per il pubblico gelese, una chitarra hawaiana che gli italiani conobbero per la prima volta attraverso il duo Santo e Johnny.
Questo strumento dispone di otto corde metalliche pizzicate con plettri disposti su una mano, mentre l’altra fa scorrere sulle corde una barretta cilindrica di metallo con la quale si ottengono suoni glissati. Il suo primo pensiero di fronte a questo strumento che ebbe modo di vedere la prima volta in un catalogo era che probabilmente non differiva molto dalla chitarra classica, e quindi che difficoltà avrebbe potuto creargli? E, infatti, Nannino riuscì a suonare questo nuovo strumento con una naturalezza inaudita. Tra le tante iniziative organizzate per mantenere vivo l’aspetto musicale gelese, nel ‘65 Di Geronimo organizza il Primo Festival della canzone mediterranea che coinvolse cantanti provenienti anche dal Marocco, ennesima conferma di com’egli avesse a cuore il destino musicale della nostra città e se avesse avuto l’opportunità (muore in un tragico incidente stradale all’età di 47 anni), chissà quali altre grandi cose avrebbe organizzato per mantenere alto il nome di Gela. Nannino Di Geronimo ha rappresentato quello che si può definire artista con la A maiuscola; lui viveva per la musica ed è proprio questo che manca oggi: la presenza di una persona che abbia la musica dentro.
Autore : Angela Quadroni
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