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notizia del 22/01/2012 messa in rete alle 16:40:34

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L’occhio visionario di Orazio Cappello
A Gela, da un paio di mesi, si respira un’aria nuova: arte e cultura fanno da protagonisti, merito delle varie mostre organizzate dalla Galleria Rossini, gestita da Ventura e Celidonio.
Sabato scorso 14 gennaio è stata inaugurata presso la stessa, la personale di un giovane artista gelese: Orazio Cappello. Artista autodidatta che sperimenta numerose pratiche come il collage, il grattage, l’assemblaggio di oggetti diversi che provoca esiti del tutto imprevedibili. L’universo delle opere di Cappello sembra un mondo alla rovescia, nel quale governano l’ inconscio e il desiderio, l’ irrazionale, l’ assurdo e sono bandite le regole della ragione e la guardia dei freni inibitori. L’artista è spinto alla sua libera espressione e la sua pittura proviene dall’ interno: per tale motivo le opere sono campi dell’arbitrio, libere associazioni di immagini, bizzarrie oscure e inquietanti. Cappello ha un primordiale impulso, un getto istintivo che si esplica con la sperimentazione di varie tecniche pittoriche e poi avviene la visione. Una visione dell’ inconscio che si trasferisce nella tela con dinamicità, con l’uso di colori accesi spezzati, quasi in tutte le opere, dall’uso del nero.
Visioni dell’ inconscio che, in alcune opere, l’artista individua in esperienze vissute, le traduce in frasi che, benché laconiche, sono, in realtà, per l’osservatore una chiave di lettura del dipinto. Ne è esempio Tuffo nella mia follia in Onda Anomala. In altre opere, invece, l’artista traduce le visioni dell’ inconscio in occhi, volti umani, orologi e matite.
Occhi che – come sostiene lo stesso Orazio Cappello – guardano l’osservatore. Occhi profondi e intensi, quasi volessero svelare qualcosa.
Orologi rappresentati in perfetta geometria, le cui ore scorrono senza un ordine facendo percepire all’osservatore il caos del tempo come caos della vita. L’artista, però, non lascia solo l’osservatore ma gli tende la mano inducendolo a riflettere sul tempo che trascorre, sull’ uso che l’uomo deve fare del tempo per vivere bene con la sua coscienza. Solo così facendo, l’uomo vivrà senza rammarico per ciò che è stato e senza paura per ciò che sarà.
Anche le matite presenti in opere quali Quasi un gioco o Stupiti dal nulla sono visioni dell’inconscio. La matita da strumento e tecnica di disegno diventa protagonista e percorre il dipinto in modo libero, autonomo per poi fermarsi, a volte, lasciando un segno conciso, un semplice tratto lineare; altre volte, invece, diventa uno schizzo, pieno di colore, un segno pieno.
Le opere di questo giovane artista gelese sono coinvolgenti, l’uso della tecnica è interessante perché è un modo nuovo di sperimentare come diversi materiali possono essere accostati senza disturbarsi tra loro. Tecnica che affiancata alla visione onirica del proprio io, ne creano l’originalità.
Autore : Paola Rinciani
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