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Corriere di Gela | La scelta post diploma tra nord e sud e il nuovo dilemma dei giovani gelesi
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notizia del 09/07/2012 messa in rete alle 11:51:34

La scelta post diploma tra nord e sud e il nuovo dilemma dei giovani gelesi

Una delle tappe più importanti nella vita di un giovane neo-diplomato è quella di imboccare la giusta strada dopo la maturità. Fra le scelte più comuni c’è quella di proseguire gli studi, seguita da quella di impegnarsi nella ricerca di un lavoro, sposarsi, o ancora, c’è chi decide di non scegliere. Queste ultime due opzioni potrebbero sembrare remote, eppure non è così. Ovviamente non è possibile generalizzare perché ci sono tantissimi casi e le decisioni sono innumerevoli.

La scelta post-diploma è fortemente influenzata dalla condizione familiare, sia a livello economico che sociale. Soffermandoci sulla scelta più comune, e cioè quella di iscriversi all’università, c’è chi è più motivato, chi meno. C’è chi si iscrive perché desidera fare sul serio il medico, l’avvocato o il professore, chi invece lo fa perché l’offerta lavorativa è praticamente pari a zero e spera di aumentare il proprio prestigio conseguendo un titolo di studio superiore.

Alla domanda “cosa farai dopo la laurea?” un gran numero di studenti risponde così. «Intanto prendo il pezzo di carta, poi si vedrà».

I giovani sono molto scoraggiati e non solo per colpa loro, ci sono i media, che per esempio, non fanno altro che bombardarli di cattive notizie e, a livello conscio e inconscio, questo influisce pesantemente sulle decisioni da affrontare.

I giovani della nostra città, priva di un polo universitario, devono effettuare spostamenti, a breve o a lungo raggio, da Catania a Palermo, da Enna a Messina, per arrivare sino a Roma, Milano e Torino. Negli ultimi anni è in aumento la tendenza di scegliere atenei del centro-nord Italia, sia privati, come la Luiss Guido Carli, la Cattolica di Milano o la Scuola Normale Superiore di Pisa, che pubblici, come il Politecnico di Torino o La Sapienza di Roma.

Questo fenomeno è legato spesso alla condizione economica delle famiglie. In primo luogo perché le tasse degli atenei privati hanno un costo minimo di 2.500 euro annui rispetto ai 600 euro di un ateneo pubblico, in secondo luogo perché in un paese ad alta disoccupazione come il nostro, gli studenti raramente riescono a mantenersi da soli, gravando sul frequente monoreddito familiare. Il fatto che le spese siano interamente a carico della famiglie è dimostrata da ricerche condotte sul territorio, ed è particolarmente acuta nel meridione, mentre al nord Italia è più facile che uno studente riesca a conciliare studio e lavoro, soprattutto quando non sono necessari spostamenti e si vive ancora in famiglia.

Oltre alle condizioni economiche, la scelta di studiare al nord deriva dalla consapevolezza che, acquisito un titolo di studio prestigioso, per esempio, a Milano, è più semplice riuscire ad affermarsi professionalmente nella stessa città dove è stata conseguita la laurea.

Un gran numero di siciliani ottiene il titolo accademico fuori dal territorio regionale, ma anche una buona parte dei laureati delle università del sud si trasferiscono definitivamente, ampliando così il divario culturale e una preoccupante emorragia di cervelli e competenze.

Abbiamo ascoltato tre studenti della nostra città che ci hanno raccontato la loro esperienza nelle università rispettivamente del nord, del centro e del sud Italia.

Emanuele ha solo 28 anni ed è un ingegnere civile iscritto all’albo da quasi due anni, laureato con il massimo dei voti al Politecnico di Torino, dove, grazie ad un concorso interno all’università, continua il dottorato di ricerca a Grenoble, in Francia.

«Mi sono trasferito a Torino subito dopo la maturità scientifica – ha detto – e non ho mai avuto dubbi sulla mia scelta. I miei genitori hanno fatto grandi sacrifici, anche se mi sono sempre impegnato molto negli studi e sono riuscito a mantenermi grazie alle borse di studio. Attualmente sono soddisfatto della mia condizione. Non so come sarebbero andate le cose se avessi studiato in Sicilia. Probabilmente mi sarei trasferito dopo la laurea, come molti dei miei colleghi e concittadini gelesi. Devo comunque ammettere – ha terminato – che anche qui a Torino negli ultimi tempi si respira aria di crisi».

Concetta, 26 anni, ci racconta del suo percorso di studi alla facoltà di legge della Lumsa, a Roma. «La mia famiglia mi ha permesso di studiare in un ateneo privato – ci racconta – non per una questione di prestigio, ma di tempi. La facoltà di Catania è una delle migliori, ma forse, se avessi deciso di proseguire gli studi li, non mi sarei già laureata. Ho molti amici – ha continuato – che sono indietro rispetto a me, ma non voglio generalizzare dato che conosco gente che è riuscita a farcela nei 5 anni previsti. A Roma mi sono trovate bene e con i professori si instaura un rapporto umano difficile da sviluppare in un ateneo sovraffollato. Per loro sei solo un numero di matricola. Sto facendo qui il mio tirocinio».

Infine abbiamo incontrato Marco, 29 anni, laureato il scienze giuridiche a Catania che ha deciso di specializzarsi alla Kore di Enna.

«Ho conseguito la laurea triennale in scienze giuridiche a Catania – ha detto – e devo ammettere che è stato un travaglio. Sono arrivato alla laurea sfinito, ma posso dire di avere ottenuto una preparazione ottimale. Non vorrei esagerare – ha continuato lo studente – ma ho provato ciascun esame almeno due volte. A volte non ero molto preparato, ma il più delle volte lo ero. I professori sono davvero troppo esigenti. Ho proseguito ad Enna e devo dire che non si mette in dubbio la professionalità e l’esigenza dei professori, ma agli esami o a lezione non siamo in centinaia, i docenti ti conoscono e ci si approccia alla materia con più entusiasmo. Non so se farò il tirocinio a Gela o fuori dalla Sicilia, per adesso penso a laurearmi».

Alla fine di queste interviste, che rappresentano solo la punta di un clamoroso iceberg sociale, rimane l’amaro in bocca di una questione meridionale irrisolta.

Gli spostamenti dal sud sono favoriti dalle maggiori prospettive occupazionali al centro e al nord. Il fenomeno continua quindi ad essere un sintomo evidente del disagio, della mancanza di lavoro e del ritardo di sviluppo nella nostra area rispetto alle altre.


Autore : Vanessa Ventura

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